sabato 14 aprile 2007

Archeo Montepulciano con sorpresa

Angelo Peretti
Forse è il caso di prenderlo più seriamente in considerazione. Senza forse. È proprio il caso. Almeno per quanto mi riguarda.
Mi riferisco al Montepulciano d’Abruzzo, rosso che, certo, si fa a cisterne e cisterne, e che si stravende al supermercato (13 milioni di bottiglie l’anno sugli scaffali, primo doc in assoluto nelle scelte dei clienti italiani della gdo, la grande distribuzione organizzata). E che magari, diciamocelo, proprio per questo viene (troppo spesso) snobbato da chi cerca vini d’emozione. Con sufficienza, con pregiudizio.
Invece è meglio riconsiderarlo, questo vino, ché in certi casi sa essere davvero grande. E longevo. Credetemi.
Una prova me l’ha data, al Vinitaly, un’intrigante piccola verticale guidata dal collega Massimo Di Cintio. S’intitolava «Lunga vita al Montepulciano d’Abruzzo» e ci hanno aperto bottiglie che andavano dal 1975 al 2000. Di produttori diversi. Mica tutte a posto, certo, com’è abbastanza normale che possa accadere in simili archeo-wine-tasting. Ma qualcheduna da togliersi il cappello e applaudire. Una, in particolare, quella del ’95 di Gianni Masciarelli: peccato non averne da parte.
«Quand’è vinificato bene - scrive, a proposito del Montepulciano abruzzese, Cesare Pillon sull’Enciclopedia del Vino edita da Boroli - è un rosso maestoso e possente, di tale pienezza da ammorbidire gli abbondanti tannini, e soprattutto capace di sfidare come pochi le insidie del tempo». E riporto proprio queste parole, delle tante citazioni che potrei fare, perché credo siano realmente ben scritte, e condivisibili appieno. «Quando riesce a esprimere al meglio le sue qualità - gli fa eco Hugh Johnson sul suo Libro dei Vini -, dà uno dei rossi italiani più sapidi, ricco di aroma e di calore». Ed ha ragione. Il problema vero è proprio in quelle premesse ch’entrambi fanno: quand’è vinificato ammodo, quando riesce a espimersi al meglio... Ché il troppo spesso stroppia, e di Montepulciano il giro ce n’è davvero tanto tanto. Dunque, ci si ha d’armar di pazienza e cercare. Ma è ricerca che val la pena fare, ché si può bere bene, e bene assai.
Qui sotto i miei appunti di degustazione della verticale di Verona. In ordine d’apparizione. Ringraziando Massimo per avermi tenuto il posto.
Montepulciano d’Abruzzo 1975 Emidio Pepe Ahimé, la mia bottiglia era ossidata. Peccato. Il produttore dice che l’annata era stata ottima, «perché caratterizzata da un grande equilibrio vegetativo». Eppoi mi sarebbe piaciuto testare questo vino fatto da un uomo che, da sempre, lo matura in vasche di cemento.
Montepulciano d’Abruzzo Vecchio 1979 Dino Illuminati Sorpresa. Un rosso abruzzese del ’79 che sa essere ancora (relativamente) beverino. Oh, capiamoci: mica un fuoriclasse. Ma incredibile per come abbia saputo tenere tutti questi anni pure non essendo stato concepito in origine come vino da invecchiare. Colore rubino scarico. Naso, pur non intenso, ancora sul frutto. Fruttato anche al palato. Perfino acidulo. Non gli avrei dato proprio per niente i suoi ventott’anni. Peccato sia un po’ corto, ma se il Montepulciano ha queste doti di tenuta, chissà come potranno evolvere le nuove annate, figlie d’una viticoltura e d’una enologia d’altro pianeta rispetto a quella del ’79. La stagione, dice la nota del produttore, aveva consentito una maturazione lunga, fino a ottenere i parametri necessari a far sì che il vino potesse durare. Bingo!
Un lieto faccino e quasi due :-)
Montepulciano d’Abruzzo 1983 Italo Pietrantonj Peccato: ossidato. Curiosità: il vino, all’epoca, veniva pastorizzato.
Montepulciano d’Abruzzo 1984 Nestore Bosco Terzo vino ossidato, porca miseria! Nelle postazioni più avanti mi sembrava che il colore fosse integro: beati i colleghi che hanno avuto l’altra bottiglia. Anche perché mi si dice che l’84 fu, in Abruzzo, annata memorabile.
Montepulciano d’Abruzzo 1988 Edoardo Valentini Oh, oh! Qui ci siamo. La mano di Valentini c’è tutta in questo gran rosso d’Abruzzo. Colore carico, giovanissimo nei guizzi di luce. Bouquet altrettanto in giovinezza. Addirittura chiuso, riottoso. C’è bisogno di tempo nel bicchiere perché si conceda. E sotto però senti che c’è frutto, materico. La bocca è splendida, tesa, col frutto e note terziarie di cuoio e poi di caffè. Ed ha eleganza. E tannino. E potenza. E ancora tanto tempo ha questo vino davanti a sé. Vi fu (lo ricordate?) agosto caldissimo, e molta umidità, poi spazzata dai venti. Qualche pioggia e poi di nuovo vento. Vendemmia iniziata a metà ottobre.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Montepulciano d’Abruzzo Tonì 1990 Cataldi Madonna Color porpora. E grande, giovanilissimo profumo fruttato. E frutto succoso coglie anche la bocca. E s’innestano note di buccia d’arancia candita e di rabarbaro e di cannella. E ci son tracce di vanigliatura. Ed è fresco. Ma preferisco l’olfatto rispetto a un palato, che trovo meno avvolgente. In ogni caso, un ’90 riuscito: son diciassett’anni, mica pochi. Solo 5mila bottiglie. Malolattica in acciaio e legno piccolo per dieci mesi. E annata, mi si dice, tra le più interessanti, dalle parti di Ofena, L’Aquila.
Due lieti faccini :-) :-)
Montepulciano d’Abruzzo Villa Gemma 1995 Gianni Masciarelli Ecco, un vino così vorrei averlo in casa, in cantina. Che riposi là all’umido e al buio. Per poterlo aprire quando casualmente lo ritrovi sotto una catasta d’altre bottiglie. Ché quest’è vino splendido, che regge il tempo con nonchalance. Fu vino dell’anno della guida del Gambero Rosso & Slow Food, e la scelta d’allora si rivela azzeccatissima. Ha colore brilantissimo: rubino puro, pietra che riluce. Ampiezza di profumi, e potenza di frutto e di spezia e di vene di pellame. Bocca bellissima, succosamente fruttata, avvolgente, slanciata, elegante, giovanissima. Ultradecenne, ma ancora giovane, giovane, giovane. Fu annata perfetta dal punto di vista climatico, con vendemmia tarda, tra fine ottobre e i primi di novembre. Come consuetudine aziendale. Si sente. Capolavoro.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Montepulciano d’Abruzzo Cagiolo 2000 Cantina Tollo Un 2000 che quando uscì mi si dice fece successo. In azienda dicono che è stata la meglio riuscita delle ultime venti, mica scherzi. Oggi m’è sembrato un po’ scomposto, ché c’era soprattutto il tannino, slegato dal frutto macerato, ma forse (direi quasi sicuramente) c’era anche di mezzo una bottiglia un po’ infelice, con qualche problema di tenuta del tappo.

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