martedì 11 maggio 2004

Ciao, Gianantonio

Angelo Peretti
E così se n'è andato anche Gianantonio Martinelli. Uomo di legge, uomo del vino. Soprattutto uomo di buon senso. Uomo del Soave, del quale ha guidato la rinascita prima e ha gestito poi i nuovi trionfi. Ma il suo cuore non ce l'ha fatta, in questo inizio di maggio.
Quando lo fecero presidente del consorzio, nel dicembre dell'84, non è che il bianco soavese brillasse di gran luce. Era vino d'antico ma decaduto lignaggio. Poi, pian piano, con pazienza cocciuta, la ripresa e il successo: l'avvocato sempre lì, sul ponte di comando, ma con discrezione. Così oggi accanto allo storico blasone del Nino Pieropan, altri soavisti celebrati sono star del mondo enoico: i Gini, i Pra, le sorelle Tessari di Suavia, giusto per dirne qualcuno (ma anche Anselmi, che pure ha abbandonato la denominazione).
D'accordo, le celebrazioni postume lasciano l'amaro in bocca. Ma una parola di saluto a Gianantonio gliela si deve. Magari informalmente ricordandone il lato meno noto, quello del poeta d'occasione. Pronto a tirar fuori il suo bravo foglio da declamare. Per carità, mica da lasciare il segno nella storia della poesia scaligera. Solo ricordi messi in sonetto, "buttati giù rapidamente, come sotto dettatura", per sua stessa ammissione. Simpatici, però. Capaci di destare il sorriso, che è poi il viatico per superare pastoie burocratiche e beghette da sagrestia. Prendete il ritratto di Olinto Gini, dicembre del '99: "No gh'è gnete lì de finto / come vole 'l bravo Olinto, / ch'el te ofre vin e pan / portà su co le so man / grande come on tamburelo, / tuto messo in on sestèlo / col saór del Salvarenza / che l'è na... concupiscenza". Nel novembre del 2000 ecco Bruno Sartori (Roccolo Grassi, per capirci, a Mezzane): il figlio Marco stava spiccando il volo verso l'olimpo vitivinicolo: "Ma mi so che da Sartori / tuti i vini i è dotori / e on Recioto eccessionale / bianco vin da Quirinale". A maggio del 2001 il "prof. Coffele", in centro a Soave: "El so vin l'è come l'alba / tra l'azuro e 'l pajarin / spalancà su na gran porta / che la varda verso 'l ciel". Rime semplici, vedete. Di quella semplicità che sembra non appartenere più a questi nostri giorni votati al business, alla competizione globale, all'apparire a tutti i costi. Era la marcia in più di Gianantonio Martinelli, un amico. Non è retorico dire che mi mancherà.