giovedì 25 gennaio 2007

Sacripante! Questo Soave vale la pena di berselo

Angelo Peretti
L’interrogativo era rimasto in sospeso mesi fa. Ed era questo: perché si decida di chiamar Sacripante un vino bianco. Ché Sacripante mi ricorda le esclamazioni dei fumetti di Tew Willer. Se poi vogliamo far la figura dei colti, allora posso anche dire ch’è il nome del re dei Circassi nell’Orlando Furioso dell’Ariosto. È, in più, termine desueto, che, come leggo sul mio Devoto-Oli, indicava un uomo grand’e grosso, «dal cipiglio fiero e temibile». Oppure, scherzosamente, una «persona vivace e astuta»: quel sacripante di mio figlio, avrebb’esclamato un genitore dei tempi andati, riecheggiando studi classici.
Dicevo: quest’etichettatura resterà un mistero. Invece non me n’è più oscura la motivazione, ché sono andato a metterci il naso.
Intanto: il Sacripante è un Soave, e lo fa un’aziendina piccola piccola e appena nata, che si chiama Le Battistelle. A Brognoligo, contrada collinare in terra di Monteforte d’Alpone, area soavista classica.
Dicevo: piccola, ed è definizione corretta.
Sei ettari in tutto, suddivisi in pezzettini minuscoli e a volte attaccati via sui fianchi dei colli che non so neanche se ce la fanno ad arrivarci con un trattore, e certe volte proprio non credo. Di quelle pezze di vigna, 24mila metri sono il crû delle Battistelle, in piedi sulla collina, che sembrano un lembo d’Alsazia portato nell’est del Veronese, e andare a vendemmiarci è una maledizione. Poi, piccola cosa al Tremenalto, 9mila metri sul Monte Castellaro, meno alle Carbonare e Rugate, 10mila sul Monte Grande, il resto attorno a casa. Le vigne più giovani piantate nel ’90, le più vecchie anche di cent’anni, alle Battistelle.
La cantina è meglio chiamarla cantinetta: una stanza e tutto acciaio (più giusto due barrique prese per provare, ma con rimpianto per i quattrini vanamente spesi).
A condurre vigna & cantina son moglie e marito: lui, Gelmino Dal Bosco, classe ’62, lei, Maria Cristina, quattro di meno. Prima conferivano tutto. Ma cinque anni fa, nel 2002, hanno preso coraggio, e si son messi a vinificare in proprio. Con la vendemmia del 2004 hanno pure deciso d’imbottigliare. Ma di quell’annata e poi di quella del 2005 sono usciti con sole 3mila bottiglie per anno del Sacripante. E basta. A prezzi così a buon mercato che val la pena comprarlo anche solo per lo sfizio di provare.
Fin qui il contorno. E il nome, dunque?
Il nome, Sacripante, è quello d’un avo. Già, Sacripante Dal Bosco quondam Andrea, si legge in una vecchia carta di famiglia. Fu lui, forse, a prender le terre di famiglia. È scritto che il 25 di maggio del 1721 sborsò 5 troni e 4 marchetti «sopra una pezza di terra montiva con poche vigne, e fruttari, arativa in parte ed in parte vegra». Ecco perché han pensato d’usar quel nome: per ricordare l’antenato ch’acquistò la vigna. Et voilà: mistero spiegato.
Quanto all’intitolazione aziendale, la scelta di chiamarla Le Battistelle viene dalla vigna più difficile e più amata, ma anche da un'altra carta dell’archivio notarile, che ricorda d’una transazione fatt’appunto a Brognoligo «in contrà della Battistella». E anche questo è arcabo svelato.
Ora, il vino. E qui mi tocca ammettere d’essermi sbagliato. In parte soltanto, per fortuna. Sì, insomma, ero stato un po’ striminzito nel giudizio, bevendolo la prima volta, ed era stato nei primissimi giorni di luglio dell’anno passato. «Il vino - scrivevo a proposito del 2005 - lo segnalo sulla fiducia, anche se non ha perfetta definizione: potrebb’essere una lieta sorpresa futura». E gli assegnavo un faccino - uno solo - ridente. Be’, l’errore è l’esser stato stretto di manica. Ma il vaticinio era giusto: lasciandolo affinare in bottiglia è proprio diventato lieta sorpresa. Ma adesso racconto del nuovo test.
Soave Classico Sacripante 2005 Ribevuto a metà settembre e poi a metà ottobre e a metà novembre, e insomma, riprovato e rimeditato a lungo, e sempre con soddisfazione crescente. Ora dico: è sì vin bianco ruvido e quasi rustico, ma è Soave di razza. Ha frutto tanto, giall’e bianco, e ben delineato già al naso, e petalo fiorito e vena appena appena erbacea. Ed ha in bocca bell’ingresso fruttato ancora e poi freschezza gratificante e finale asciutt’e lungo. Ha nervo saldo. Si beve un gòto dietro l’altro e si finisce la bottiglia in fretta.
Rivedo il giudizio innalzandolo. Convinto, proprio convinto.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Soave Classico Sacripante 2004 Oilà, che curioso questo bianco più vecchio d’un anno dell’altro! Pensate: non pare ancora del tutto pronto. O meglio, non lo sembrava nella prova di metà settembre, ché poi non m’è purtroppo più tpccata sorte di berlo. Mi si mostrava, allora, verde e floreale anche, ché aveva tanto fiore bianco. E in bocca bella tensione e poi giusti contorni di vena minerale com’è e dev’essere dei Soave della zona classica sulle terre vulcaniche della collina. Bianco insieme complesso e da beva. Mancava solo un po’ nella lunghezza, nella persistenza, ecco. Ma, garantisco, buonissimo e freschissimo e vegetale e nervoso e tannico quasi nel finale.
Anche qui, due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Ora, poiché m’è stato chiesto d’aggiungere alle descrizioni dei vini anche il loro prezzo, d’ora in avanti cercherò d’accontentare i lettori anche con quest’informazione, e dico che il Sacripante costa in cantina 7 euro quando se ne compra una bottiglia sola o due, con sconto se si compra invece il cartone intiero, senza sbregare la scatola.
Che dire, di più: che aspetto il 2006. Ed ho davvero aspettativa, ché col terz’anno d’imbottigliamento e un’annata di quelle che prometton bene, spero tanta promessa sia mantenuta. Intanto, il nuovo nato è lì ancora sulle fecce fini, in vasca, che succhia e succhia l’essenza di mamma uva.
Chiudo: v’invito a fare un salto a Brognoligo e a trovare Gelmino e Maria Cristina, ché son bella gente, appassionata e schietta, e prendono perfino la macchinetta fotografica per farsi la foto insieme a chi li va a incontrare. E mi dispiace averne scritto solo adesso.

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