domenica 24 dicembre 2006

Top 2006 secondo me: venti bottiglie indimenticabili stappate nell’anno

Angelo Peretti
Eccoci qui con la classifica. La fanno tutti, perché non dovrei io? Del resto, c’è cambio d’anno, e dunque occorre far sintesi e metter ordine alla memoria. Eppoi, l’ammetto, è piacevole andare a rivedere gli appunti di tante bottiglie stappate, assaggiate, a volte proprio bevute, godute. E raccontarle.
Certo, far graduatorie è sempre arbitrario. E difficile, ché a volte quel certo tal vino porta con sé anche ricordi, emozioni, sensazioni che vanno oltre il fatto edonistico in sé. Ed è pure ingiusto, finendo inevitabilmente per accantonare qualcosa, qualcuno, che comunque vorresti - dovresti - valorizzare. Ma tant’è: il rito va rispettato.
Dunque: venti e non di più.
Dieci di quella che amo chiamare la Regione del Garda, ossia le province di Verona, di Brescia, di Mantova e Trento. Più Verona che le altre, e mi perdonino lombardi e tridentini (m’accorgo che soprattutto a Trento e dintorni ho avuto poche occasioni d’assaggio nell’ultimo anno, e dunque mi riprometto di rimediare nel nuovo).
Dieci fuori dai paraggi, altre latitudine, altre longitudini, altra Italia, altra Europa, e per stavolta niente fuori Europa.
In ogni caso, venti vini che mi piacerebbe ribere. Che mi hanno convinto. Emozionato, anche. E sono, insieme, bianchi, rossi e rosati. Già, anche i rosati: perché, son forse minori nell’Olimpo del vino? Ce n’è un terzetto addirittura, di rosé: due gardesani, uno francese. Piacevolissimi, secondo me.
Fuori Italia, c’è tanta Francia - e non sarebbe possibile altrimenti - un pelo di Germania (ah, i Riesling del Reno!), un vino dolce - straordinario e «antico» - di Crimea. E in terra italica anche un Moscato, ch’è un vino adorabile e troppo trascurato da’ bevitori, e n’ho trovato un’espressione altissima.
M’accorgo che non ho scelto bollicine. E comunque di buone - buonissime, talvolta - n’ho bevute, ma nella classifica non hanno trovato spazio: pazienza.
Eccoli, dunque, i venti top secondo me. In ordine rigorosamente alfabetico all'interno delle due categorie.
Prosit!

Top 10 della Regione del Garda

Amarone Classico della Valpolicella 2000 Manara
Lo scorso anno nella mia top c’era il 2001. Ebbene, di meglio c’è l’annata precedente: l’Amarone 2000. Ribevuto a distanza di tempo, m’ha nuovamente impressionato, e dimostra di tener salda quella sua eleganza delicatissima eppure lung’assai, quel frutto così calibrato. Niente palestra, per questo rosso: evviva. Bevuto a novembre.

Amarone Classico della Valpolicella Sergio Zenato 2001 Zenato
Inserendo fra i preferiti del primo semestre l’Amarone basic 2001 di Zenato, avevo detto che il fratello maggiore, la Riserva assaggiata allora solo en primeur, sarebbe finita probabilmente fra i miei must di fine anno. Così è. Grande Amarone. Tanto frutto, tanta spezia, corpo potente eppur anche agile e beva lussuriosa. Bevuto a luglio.

Bardolino Chiaretto 2005 Giovanna Tantini
Ah, Giovanna, che Chiaretto! Frutto, frutto e frutto. Da riempirseme l’olfatto e il gusto. Da masticare. Da assaporare. Da far rotolare in bocca. E poi la vena speziatina ch’è tipica delle corvine gardesane. E un colore deciso, marcato, eppure anche brillante e cristallino. Bell’espressione bardolinista. New Bardolino. Bevuto in settembre.

Garda Classico Chiaretto 2005 Vedrine
D’accordo: non è un colosso, ma vivaddìo m’è piaciuta l’opera prima di Vedrine, microazienda del Garda lumbàrd, che ha fatto, nel 2005, solo e soltanto questo vino rosè (ci vuol coraggio). Atipico, atipicissimo Chiaretto rivierasco. Più vegetale che fruttato, anche se la fragolina s’avanza impertinente. Avanti così. Bevuto in agosto.

Quaiare 2003 Le Fraghe
L’avevo detto a maggio che questo rosso era (è) un gioiello in termini d’espressione del terroir. «E pazienza se gli altri non saranno d’accordo», scrissi. Le guide non sono state d’accordo, ma per me resta uno dei vertici assoluti nell’area gardesana, un benchmark, un vino che ha un’anima e uno stile inconfondibili. Ribevuto a luglio.

Recioto Classico della Valpolicella Capitel Monte Fontana 2000 Tedeschi
L’annata 2000 fu d’equilibrio in Valpolicella. E gli Amaroni son buoni. Però straordinarie son certe bottiglie di Recioto, soprattutto oggi che cominciano ad aver maturità. Questo dei Tedeschi è un grand’esempio: avvincente per complessità e ampiezza olfattiva, ha in bocca finezza ed eleganza e misurata dolcezza. Goduto a dicembre.

Soave Classico Cà Visco 2005 Coffele
Oh, se mi piace il Cà Visco. Già en primeur, ancora scomposto dall’imbottigliamento di pochi giorni, m’aveva intrigato. Facendosi adulto, ecco l’inconfondibile suo charme. Il frutto pulitissimo entra deciso e lascia poi spazio alla freschezza e quindi riemerge, asciutto, nel finale. Bevuto in luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre...

Soave Classico La Rocca 1993 Pieropan
È tuttora buonissimo questo Soave del ’93. In forma smagliante dopo tant’anni, e freschissimo, e giovine direi, e vibrante e nervoso e teso. Ha frutto denso e vene minerali e lunghezza sorprendente e avvincente. Un bianco italico che può reggere il confronto coi grandi di Francia e di Germania. Bevuto a fine maggio.

Soave Classico Monte Fiorentine 2005 Cà Rugate
Che gran bianco che è il Monte Fiorentine. A mio avviso, uno dei bianchi più buoni e appaganti che sia dato di trovare sull’italico suolo. Gioiosamente bevibile, giocosamente succoso di frutto, festosamente vestito di fiori. Un vino che riesce a mettere insieme nobiltà e spensieratezza. Bevuto in luglio e in ottobre e in dicembre.

Valpolicella Classico Superiore Il Taso 2003 Villabellini
L’annata della svolta. Cecilia Trucchi col 2003 ha deciso di trarre uno e un solo vino dalle uve del suo brolo di Castelrotto, rinunciando (incredibile) perfino all’Amarone. Che vino che ne è venuto! Personalissimo, succoso di frutto, pregno di spezia, bevibilissimo e possente insieme. Gran bel rosso valpolicellese. Ribevuto a luglio.

Top 10 d’altre terre

Ai-Danil Tokay 1938 Massandra
Sul Mar Nero, in Crimea, esiste la più imponente collezione mondiale di vini invecchiati. In genere dolci o fortificati. È la Massandra Collection. Ho avuto la fortuna di poter bere il Tokay del ‘38 fatto ad Ai-Danil, vicino a Yalta. Poesia. Dattero, fico secco, arancia candita, melata, cognac, nocino, mandorla... Grandissimo. A dicembre.

Alsace Riesling Grand Crû Hengst 1997 Domaine Josmeyer
Quando lo comprai, in Alsazia, in cantina a Wintzenheim, ero convinto d’aver fatto un bell’acquisto. A distanza di mesi e mesi, questo Riesling s’è mostrato anche sopra le attese. La vena minerale e quella fruttata s’intersecano, si fondono in quello che ho già definito un amplesso lunghissimo e passionale. Bevuto a febbraio.

Côte Rôtie 2003 Benjamin et David Duclaux
Se non sbaglio, Parker, a questo syrah della Cote Rotie ha dato 93 centesimi di valutazione. Be’, li vale tutti. Il prezzo è sui 30 euro, pochi per un rosso di questa denominazione. Ancora giovane, ma già sul frutto s’innestano sentori d’erbe officinali, di timo. Elegantissimo oggi, chissà cosa potrà diventare. Bevuto in dicembre.

Côtes de Provence Château Sainte-Marguerite 2005 J. P. Fayard
Che la Provenza sia terra di bei rosati è noto. Quest’era bellissimo già dal colore, abbastanza tenue invero. Fragranze fruttate d’avvincente finezza: il piccolo frutto rosso di sottobosco, soprattutto. E poi una nota quasi balsamica, officinale, sottile, elegante. Una freschezza nervosamente sensuale. Buonissimo. Bevuto in agosto.

Côtes du Rhône Parallèle 45 2001 Paul Jaboulet Ainè
D’accordo, d’accordo: questo è «solo» il rosso di base di Jaboulet, ma porca miseria che base! Succoso di piccolo frutto, di mirtillo e d’amarena. Di lunga persistenza. Giovane dopo un quinquennio. Eppoi accettabile nel prezzo. Ve lo dico io: sarà anche un vino di base, ma rimpiango fosse l’ultima boccia. Bevuto a Pasqua, coll’agnello.

Erbacher Hohenrain Riesling Spätlese 1990 Schloss Reinhartshausen
Per me, non c’è bianco che tenga, di fronte a un gran Riesling. Tedesco magari, e invecchiato. Fra i Riesling - parecchi - bevuti nel 2006, questo l’ho trovato elegantissimo e splendido per equilibrio, dopo quindici anni. Il frutto e la vena citrina perfettamente integrati. La nota minerale equilibratissima. Fascinoso. Stappato a giugno.

Fiano di Avellino Clelia Romano 2004 Colli di Lapio
Uno dei bianchi più buoni che mi ricordi d’aver bevuto in Italia. Forse il più buono. Vino di terroir, classico e modernissimo assieme. Descrive i caratteri del vitigno e della terra. Un tripudio d’erbe aromatiche e di cedro e di litchie e di pesca bianca croccante e integra. Freschezza, armonia, lunghezza infinita. Bevuto a maggio.

Menetou-Salon Morogues 2004 Domaine Henry Pellé
Adoro i Sauvignon della Loira. Ma devo ammettere che questa bottiglia - d’una denominazione che m’era sconosciuta - l’ho comprata giusto per curiosità, perché era coup de coeur della guida Hachette 2006. E meno male che ho letto l’Hachette, ché questo è bel bianco, freschissimo, floreale, denso di frutto bianco. Bevuto a marzo.

Piemonte Moscato d’Autunno 2005 Paolo Saracco
Che complessità d’agrumi e albicocce surmature e pesche gialle in piena estate e fiori primaverili e miele e perfino la speziatura fine di certi dolcetti tedeschi. E che equilibrio, con quella freschezza che dà grande slancio e rende onore alla dolcezza. Ed ha lunga persistenza e gratificante beva. Gran Moscato, gran vino. Bevuto a settembre.

St.-Émilion Gran Crû Classé 1970 Chateau Fombrauge
Miseria che slancio giovanile che ci ho trovato in questo rosso bordolese ormai più che trentacinquenne. Il naso non era magari di quelli indimenticabili, ma la bocca, ragazzi… Che succosa freschezza. Quasi vinosa. Piena di vita. Ricca di frutto. Trovarne, di vecchietti così. Bottiglia bevuta, con soddisfazione, ai primi d’aprile.

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