martedì 27 novembre 2007

La collina, il lago, la pioggia e il Franciacorta

Angelo Peretti
Sarà che sono un cattivo autista, nel senso che certamente non amo l’automobile alla follia, ma quando c’è troppo traffico vado regolarmente in tensione. Mi capita di sicuro quando devo attraversare Brescia sulla Milano-Venezia: tutto quel caos di macchine e tir mi dà disagio. E forse di più me ne procura l’anarchia viabilistica che c’è subito fuori dell’autostrada, sulle tangenziali e superstrade bresciane che portano in città o nei sobborghi, tra file e file di capannoni, col via vai impazzito di gente che sembra non saper fare altro che spingere sull’acceleratore anche là dove correre non si dovrebbe (potrebbe).
Ecco dunque che mi ci sono diretto con un po’ d’ansia in Franciacorta, in una tarda mattinata novembrina che pioveva a dirotto, avendo dovuto dapprima passare il trittico infernale Brescia est-centro-ovest e poi zigzagare fra il serpentone di metallo di auto e camion di fuori dal casello di Rovato.
Gli è però che ero atteso alla mia prima vera full immersion nella bollicinosa realtà franciacortina (altre visite precedenti erano state toccate e fughe), e dunque il viaggio valeva la pena. Stavolta m’avevano organizzato una visita quelli della Sata, agenzia d’agronomi d’assalto (rintrazio in particolare Marco Tonni per avermi proposto la giornata in Franciacorta), col credo dell’equilibrio della terra e della vigna. E dunque attenti a non nutrire falsamente i suoli, che vuol dire per esempio niente chimica, e sano letame, invece, tra i filari. E poi m’aspettava Marco Zizioli, enologo giovane dalla personalità spiccata, pure lui consulente in Franciacorta, in stretta sintonia col gruppo Sata.
Vi dirò subito che, nonostante il traffico d’avvicinamento - poi lassù a due passi dal lago d’Iseo le cose son cambiate in meglio, e parecchio - e la grand’inzuppata che mi son beccato, il pezzo di Franciacorta che ho incontrato m’è piaciuto, e un bel po’. Ed anzi le vigne spoglie e la pioggia che seguitava a scrosciare formavano, insieme, un che di suggestivo. O forse è che a me, lacustre, quei cieli grigi, quell’arie malinconiche son familiari, e usuale m’è pure la collina morenica vitata, e dunque mi rispecchio in questa terra a due passi da un lago, pur piccolino. E fascinosi ho trovato alcuni scorci, come verso le torbiere, al vigneto delle Boschette (mi par si chiami così, o sbaglio?) della famiglia Bosio. E affascinantissima (si può dire?) ho trovato la collina che, a Provaglio, è stata impiantata di vigna da Chiara Ziliani. Ed è poi tutta bellissima e stretta e fitta la vigna. Sull’esempio della Champagne. E il lavoro di consulenza agronomica lo vedi, lo tocchi con mano.
Eppoi in Franciacorta si fa tutto con imprenditorialità somma, e dunque se si dice che il buon vino lo si fa soprattutto nel vigneto, be’, qui si prende l’agronomo che prepari la vigna, ché faccia scaturire dunque il frutto buono su cui poi - solo poi - dovrà impegnarsi l’enologo. E così va a finire che anche i piccoletti, che la consulenza agronomica magari non se la possono ancora permettere, imitano gli altri, e dunque è ben condotto tutto il vigneto - o quasi - franciacortino.
E questo non vuol dire standardizzazione. Ché il terroir incide, eccome, se non punti all’omologazione. E dunque ecco che le bolle di Franciacorta sembrano percorrere due diverse strade: quelle che puntano al verde e al floreale, e quelle che invece mettono in luce il fruttino e la polpa.
L’altra diversificazione è invece stilistica: c’è chi (i più) guarda alla morbidezza, e dunque mette zucchero abbastanza alto nel liqueur, ed è scelta che paga commercialmente, oggi, e chi invece ancora testardamente (evviva! Ma son pochetti) s’ostina a privilegiare la vena acida e nervosa.
Poi c’è la terza diversità, quella che ripartisce le bolle fra il brut (e qui ci metto dentro pur l’extra brut e il raramente fatto pas dosè) e il satèn, ennesima genialata di Franciacorta, nato quindici anni fa per aver più setosità dalla minor pressione, e oggi in crescita d’affermazione. Ché poi in Franciacorta il successo è quotidianità: problemi a vendere ce n’è zero, per chi sa fare il passo giusto. E il passo giusto qui sembrano tenerlo quasi tutti.
Adesso, per finire, qualche vino delle quattro aziende visitate, tutte seguite a Ziioli e dagli agronomi di Sata.

Franciacorta Satèn Ziliani C - Chiara Ziliani Non è millesimato, ma la vendemmia di riferimento è una sola, quella del 2004, e la sboccatura è di giugno scorso. Ha naso vanigliato e quasi, direi, burroso, ed ha briochina all’albicocca, ed eleganza e fiore. E floreale è pure il palato, ed è anche verde, vegetale, e mi piace questo slancio rinfrescante. C’è lunghezza, e distensione. S’apre gradualmente poi sul piccolo frutto asprigno. Ed ha bella lunghezza. Figlio di vigne giovanissime, che avevano tre anni soltanto all’atto della raccolta dell’uve, dice che la collina è giusta.
Due lieti faccini :-) :-)

Franciacorta Extra Brut Boschedòr 2003 - Bosio Oh, santo cielo, un millesimato del 2003! Annata della calura, che penseresti poco adatta alla bolla, e millesimata poi, e addirittura extra brut, figuriamoci! E invece il vino è interessante parecchio. Trentatrè mesi sui lieviti, è stato. E propone al naso nocciola e noce e vena minerale e, sotto, la crosta di pane appena uscito dal forno. In bocca, ecco che la bolla è cremosa, ben modulata. Ed è espressa in bella misura la freschezza. E c’è frutto, e tanto agrume (l’arancia, la sua buccia). E una vena balsamica piacevole parecchio.
Due lieti faccini :-) :-)

Franciacorta Satèn - Riva di Franciacorta La prima vendemmia dell’azienda, neonata, è stata quella del 2005, ed è dunque questo (insieme al brut) il primo vino prodotto, ed è stato sui lieviti brevemente pertanto, 19 mesi o giù di lì. Ed è stato sboccato appena un paio di mesi fa. Eppure le premesse son buone. Il naso ha piacevoli note citrine e la bocca è sullo stesso piano epperò anche innervata d’eleganti memorie di fiore bianco. La struttura non è di quelle imponenti, però c’è eleganza.
Due lieti faccini :-) :-)

Franciacorta Satèn - Valle Far bolicina in un agriturismo. Buona la bolla, bello l’agritur (e tutt’intorno il vigneto, in una conca), di sostanza la cucina. Cucina e Franciacorta vanno a braccetto, e col burro e l’agliatura dei piatti ci sta anche quel pelo di morbidezza in più che ha il vino. E va giù un calice dietro l’altro, nonostante gli zuccheri spintarelli, questo satèn. Il naso ha tanta nocciola, un po’ tostata perfino. E ricompare l’aroma al palato. E c’è crosta di pane. E bel fruttino di bosco. E c’è lunghezza interessante. E c’è cremosità e polpa. Non è millesimato, ma è tutto comunque della vendemmia 2002, con sboccatura a fine gennaio del 2006.
Due lieti faccini :-) :-)

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