giovedì 3 maggio 2007

Quei nuovi rosé del lago di Garda

Angelo Peretti
Sulla rete internettiana spopolano i blog. Posti virtuali in cui si può discutere. A ruota libera. Anche di vino, e allora s’usa dire che si tratta di wine blog. Per chi non fosse avvezzo, la cosa funziona, a grandi linee, così: il blogger, cioè il titolare del blog, pubblica un post, cioè un suo intervento, e poi chi vuole lo commenta on line con dei suoi pensieri, che si chiamano thread. In totale anarchia.
Secondo me, ma mi pare che il parere sia ampiamente condiviso sulla rete, il wine blog italiano che offre gli stimoli di discussione più profondi è quello di Giampiero Nadali, alias Aristide. Lo si legge all’indirizzo www.aristide.biz.
Bene: Aristide ha rilanciato per il 3 maggio l’iniziativa del «vino dei blogger». La faccenda riprende il «wine blog Wednesday» americano. In Italia a farsi promotore della cosa è stato Marco Grossi del blog Imbottigliato all’Origine. La questione è abbastanza semplice: lo stesso giorno, vari blog parlano dello stesso argomento. Il blogger incaricato di far da collettore raccoglie sul suo sito le recensioni e i commenti pubblicati dagli altri blogger che hanno preso parte all’evento mediatico. E l’argomento proposto da Giampiero per il 3 di maggio è il rosè.
Ora, io non sono un blogger, anche se confesso che il mondo dei blog m’intriga. E questo mio InternetGourmet non è un blog, tant’è che sulla testata vedete i dati di registrazione al tribunale: questo è (vorrebb’essere) un giornale on line. Però la cosa del vino dei blogger mi stuzzica. E dunque aderisco virtualmente anch’io, pubblicando quest’intervento il 3 di maggio. Per parlare non d’un rosè, ma di tre. I tre new rosè d’un lago di Garda che sembra finalmente uscire dagli schematismi di campanile. Per tentare di far, finalmente, vini più del terroir che non delle stantie pseudotipicità.
Detto questo, debbo fare un’altra precisazione, e qui capisco che il prologo va per le lunghe, ma pazienza.
Devo aggiungere, dunque, che la scorsa estate organizzai, su proposta di Gianfranco Comincioli, chiarettista di valore della sponda lombarda del Garda, una paio di serate mettendo a tavola insieme vari produttori di vini rosati delle due riviere del lago. Veronesi e bresciani. A bere, nella prima sera, i rispettivi Chiaretti (del Garda Classico, della Riviera Bresciana del Garda e della doc Bardolino). E poi, nella seconda tappa, alcune bottiglie di rosati francesi e spagnoli. Cercando di far capire che un buon rosè può e dev’essere qualcosa di diverso dal vinello facile facile che si beve come una sorta di bibita alcolica nella calura estiva.
Ora, non voglio attribuirmi meriti che certamente non ho, ma dopo quelle due sere qualche cosa è cambiato.
In primis: al Vinitaly di quest’anno due produttori di Chiaretti della riva occidentale del Garda han presentato – salvati o cielo! – non già i rosati del 2006, bensì quelli della precedente annata. I due sono Comincoli e Zuliani. Che hanno, dunque, violato il tabù. Ed hanno avuto successo. Fossi ancora al liceo, direi: cvd, come volevasi dimostrare.
Secondo: due produttori della sponda orientale han fatto una cosa ancora diversa. Hanno, cioè, progettato dei rosati di nuova concezione. Affiancandoli ai rispettivi doc. Insomma: in catalogo, adesso, hanno due rosè ciascuno, e uno è il vino che risponde alle regole della denominazione d’origine, con attenzione ai vitigni, e l’altro è un vino che risponde alle regole del terroir, utilizzando i vitigni che meglio si possono adattare a raccontare quell’idea di vino.
Di questi due vini parlo adesso. Aggiungendone un terzo, che già c’era lo scorso anno in quelle due «famose» serate coi produttori, e che c’è di nuovo, con la nuova annata, ancora più decisamente bastian contrario.
I tre vini, tutti della vendemmia (calda) del 2006, sono il nuovo Feniletto della Prendina, azienda che i veronesi Luciano e Franco Piona, della Cavalchina di Custoza, hanno sulle colline mantovane del Garda, a Monzambano, l’altrettanto nuovo Rosa Rosae di Guerrieri Rizzardi, storica famiglia di vigneron bardolinesi, e il CorDeRosa delle Vigne di San Pietro, che già m’era piaciuto alla sua prima uscita dell’anno passato.
Ecco quel che ne penso qui di seguito. I vini in ordine alfabetico.
CorDeRosa igt Rosato Veneto 2006 Le Vigne di San Pietro Dicesi salasso in enologia quella pratica che s’usa in genere per aumentare la colorazione (e la struttura) d’un vino rosso privandolo d’una modesta parte di mosto nella prima fase della macerazione. Sarà il mosto residuo ad assumere il colore dalle bucce dell’uva. Già: ma la prima parte che fine fa? Usualmente, viene venduta per trarci vinelli, oppure, se proviene da uva importante, va ad alimentare il vino base. In genere. Perché si può far di meglio, e utilizzar la pratica non già come intervento per migliorare il rosso, bensì per pensare un grande rosato. E Carlo Nerozzi il suo CorDeRosa, alle Vigne di San Pietro, Custoza, l’ha volutamente progettato e fatto proprio così: per salasso dalle vasche di sola, pura corvina veronese a rese bassissime. E se era buono il 2005, prim’annata, col 2006 ha fatto ancora un passo avanti. Rosè di lunghezza enorme, impressionate. Ed ha polpa, struttura. E tanto frutto ed anche spezia finissima. E freschezza avvincente. Buono, buono davvero.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Feniletto igt Rosato Alto Mincio 2006 La Prendina Luciano Piona è stato chiaro: questo vino nasce dalle due serate di cui ho parlato. Gliene sono grato. Ed è insomma un rosè che ha filosofia provenzale, fatto per non esser per forza bevuto di qui a tre mesi. Tant’è che è stato imbottigliato in vetro verde, per difenderlo dalla luce. Scatenando magari qualche reazione avversa da parte dei buyer, che pensano che il rosè si venda anche per il colore, e dunque vorrebbero solo vetro trasparentissimo. È fatto, questo vino, con un 40 per cento di marzemino e un 35 di merlot, mentre il resto è corvina. Ed è un gran bel vino. Appena imbottigliato, ha già naso molto fine. Floreale, molto floreale. E ha pesca nettarina acerba e un bel po’ di lampone e fragolina. E poi, finissima, la spezia, che credo uscirà in progressione col tempo (e chissà come la ritroveremo fra un anno, questa speziatura, ammesso che abbiamo la pazienza d’aspettare un anno). Eppoi la bocca: fresca, fragrante, sapida, salata, succosa, tesa, croccante di frutto.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Rosa Rosae igt Rosato Veronese 2006 Guerrieri Rizzardi Giuseppe Rizzardi sta mettendo a frutto nell’azienda di famiglia l’esperienza maturata nelle migliori terre francesi. Il Rosa Rosae credo vada in questa direzione. Ché è rosato nuovo, di matrice bardolinista (figlio di vigne fra Bardolino e Cavaion) e filosofia provenzale. È fatto con buona dose di corvina (il 65 per cento), e rondinella (20 per cento) e sangiovese (10), eppoi il marcobona, vitigno a bacca bianca, di cui non si sa granché, se non che a coltivarlo nei campi dei Rizzardi era un lavorante, Marco Bona, appunto. Ora, il vino. Ebbene, sarà la suggestione del nome, ma la rosa tea c’è, appena un cenno, nel bouquet. Eppoi fruttino malizioso (cassis, lampone, fragolina) e ciliegia surmatura e garofano e scorzetta d’arancia candita. In bocca, ancora il piccolo frutto succoso. E un accenno vagamente balsamico. E qualche rustica, labile memoria di confettura di cotogne. E morbidezza, che a tratti sembra quasi sopra le righe, ma poi si compone in un corpo in rilievo.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

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