lunedì 31 luglio 2006

Amarone americano bis: i kit impazzano sul web

Angelo Peretti
Da un certo punto di vista può perfino far piacere. Se ti taroccano, vuol dire che sei qualcuno. Che sei una griffe, che la tua merce è uno status symbol. Sugli improvvisati shop stradali – un telo sporco e via - dei venditori abusivi mica ci trovate le imitazioni di marchi sconosciuti, no, ché quelli non li comprerebbe mica nessuno.
Dunque, l’Amarone è famoso di là dell’oceano, se in vendita su internet trovate i siti che propongono i kit fai da te. Come quello di cui ho parlato di recente su InternetGourmet: è su www.smithswinemaking.com, una mirabolante scatoletta per farsi in casa 16 litri di Amarone con una spesa di 110,35 dollari. Roba che verrebbe quasi la voglia di provare (ma dai, mi prenderete mica sul serio, vero?).
Solo che dopo che ho segnalato la faccenda, ecco che sono arrivati altri avvistamenti. Di cui do conto, ringraziando i lettori per le loro mail, of course.
Un altro magico box per farsi l’Amarone in casa ecco dunque che affiora sul sito americano www.wholesaledirectbiz.com). Si chiama En Primier Signature Italian Amarone. Per esser più precisi, sempre ammesso che vogliate cavarvi lo sfizio, lo trovate all’indirizzo http://wholesaledirectbiz.com/oscommerce/primier-signature-italian-amarone-p-21542.html (l’indirizzo, come gli altri di questo pezzo, è cliccabile: metteteci sopra il mouse, e oplà!). Costa 130 dollari e consente (consentirebbe) di ottenere 18 litri di vino. Mica male, no?
Non è mica finita qui. Se fate un salto su www.thegrape.net rintracciate un altro formidabile kit: è quello della Rj Spagnol, con tanto di ricchi profumi – dice il sito – di lampone, ribes e mirtillo. La scatola - si legge - include tutti gli ingredienti necessari per fare 6 galloni americani di vino finito. Il prezzo? Sono 113,95 dollari. Ah, se poi, dopo aver prodotto il vostro Amarone fatt’in casa direttamente dal kit, avete voglia di etichettarlo, sappiate che alla pagina
http://www.thegrape.net/browse.cfm/4,10389.html potete comprare anche le etichette bell’e pronte: trenta, adesive, a 3,59 dollari, con la scritta Amarone in grande in alto e una romantica foglia di vite arrossata dall’autunno. Questo sì che è marketing.
Ma c’è di più. Stesso sito, stessa ditta. C’è in vendita anche il necessario per fare - attenzione - un Italian Amarone: un ultra premium wine kit da 18 litri. E siccome è «ultra premium», costa di più: la bellezza di 165,29 dollari. Questo, te lo spediscono con le etichette già incluse, e vorrei vedere, con quella sommetta... Il problema è che qui c’è scritto proprio Italian. Qualcuno che interviene fra le istituzioni?
Vi accontentate di farvene meno, di vino amaronista? Ancora Thegrape.net: ecco a 59,29 dollari un box che vi aiuta a produrne tre galloni. Questa volta la scatola è di un’altra azienda, la Winexpert. «Un vino molto intenso e complesso» precisa il sito. E prosegue spiegando che pochi vini sono solidi come l’Amarone, e che ha un profondo colore rubino e trasuda aromi di ciliegie e cacaco e frutta appassita, anice, mandorle amare, tabacco, cuoio, e via con gli attributi organolettici, in una descrizione che fa invidia alla capacità espositiva di tanti wine writers. In più, udite udite, quel gioiellino che è l’Amarone viene illustrato come delizioso a tavola, col cibo, ma si dice che si può anche servire come aperitivo o vino da dessert. A dargli retta, si aprono nuove frontiere per i produttori valpolicellesi nella commercializzazione a stelle e strisce. Un aperitivo? Macché bollicine, macché long drink: una bella boccia di Amarone e via. D’altra parte, ‘sti americani ci vanno giù pesanti con l’aperitivo: avete presenti i film in cui si scolano un paio di whisky prima di mettersi a tavola? Piuttosto, è preoccupante la faccenda che sembra un vino da dessert: lo dico sempre io, che troppi Amaroni sono diventati dolcini, che sembrano un Recioto.
Ordunque, se proprio non volete comprarvi l’Amarone in Valpolicella, andate sul sito in questione e trovate il necessario per questi benedetti 3 galloni. A proposito: è un affarone, perché lo stesso kit lo reperite a 61,95 dollari da Vino Equino di Tacoma (non fatemi cercare da quale parte d’America sia) all’indirizzo http://vinoaquino.stores.yahoo.net/mispwi.html. Un po’ più caro, dunque.
La lettrice che m’ha segnalato i link mi dice: «Noi forse ci ridiamo su, perché se comprassimo una cosa del genere sarebbe per fare uno scherzo a qualche amico produttore o appassionato. Sono però convinta che c’è chi ci crede sul serio». Vero, verissimo. Se quel prodotto non venisse preso sul serio, nessuno lo commercializzerebbe.
«Quello che fa pensare di più - continua la mail -, è che non si impedisce che chiunque possa utilizzare la parola Amarone sulle etichette, scatole, etc!» Ed è vero anche questo. Ma qui c'è la risposta bell'e pronta: è la globalizzazione, baby. E noi italici wine producer ci siamo fatti trovare impreparati, perché – presuntuosi - pensiamo sempre che il mondo finisca al muro di cinta del nostro orticello. E magari mettiamo il muso al vicino perché i suoi quattro broccoli ci sembrano un po’ più rigogliosi dei nostri. Quando di broccoli altrove ne fanno tonnellate e tonnellate.
Il problema è che non ci sono solo i kit fai da te. Che, insomma, se uno è appena un po’ smaliziato in fatto di vino lo capisce che non riesci a farci davvero un Amarone, ma semmai una bevanda alcolica che gli assomiglia vagamente. Il problema, dicevo, è un altro: ci sono anche le bottiglie made in Usa.
TexasWineMarket (il sito è www.texaswinemarket.com) vende proprio Amarone in bottiglia alla cifra, mica da poco, di 42,68 dollari cadauna. Volete dare un’occhiata da soli? La pagina è questa: http://www.texaswinemarket.com/wines/dvine_wine_amarone_reserve.html. Solo che non è mica Amarone della Valpolicella. No: è proprio roba americana. È il DVine Wine Amarone Riserve, 13 gradi e mezzo, Origin of America, come si legge in etichetta. Nel 2006 ha vinto perfino un concorso, stando al sito che lo commercializza: la medaglia d’oro alla Lone Star International Wine Competition. Non approfondisco di che medaglia si tratti. Quanto al vino, lo produce la D'Vine Wine di McKinney, Texas. Spiegano che si tratta di una micro cantina familiare e che tutti i vini che offrono fermentano in azienda. Ma, attenzione: «The advantage of not owning any vineyards is that they can purchase high quality juices from all over the world from which they craft their award-winning wines». Traduco: «Il vantaggio di non possedere alcun vigneto è che loro possono comprare succhi di alta qualità da tutto il mondo, da cui realizzano i loro premiati vini». E chi glielo vende, mi chiedo, il succo di Amarone? Sarà mica che c’è chi fa il gioco del nemico, vero?

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