sabato 22 settembre 2007

Il bianco che quasi non c’è: San Martino della Battaglia

Angelo Peretti
Stavolta vorrei raccontarvi di un bianco che quasi non c’è. Nel senso che sì, di bottiglie ne trovi, ma sono pochine. E di fatto le puoi bere solo sulla terra d’origine. Perché quella terra è un pezzetto appena. Piccolissima. E ci fan vino con l’uva innominabile: tocai friulano impiantato al confine lombardo-veneto, ma dir tocai - lo sapete - è vietato, che sennò i legislatori europei piangono, avendo deciso che il nome è solo degli ungheresi. E così un tempo quel vino portava in etichetta il nome di Tocai di San Martino della Battaglia, e invece adesso è più semplicemente San Martino della Battaglia. E il nome è quello di una frazione di Desenzano del Garda. Ed ha minuscola vigna bianchista a margine dell’argille anch’esse bianchiste del Lugana. Basse colline d’entroterra gardesano.
È, quella di San Martino, terra che sembra quasi grondare ancora il sangue della battaglia - celebre - del Risorgimento. E mi domando se si scriva tuttora con la maiuscola, il Risorgimento. E se nelle scuole si studino anche adesso quei combattimenti. Lì a San Martino e a Solferino s’ammazzarono a migliaia, colpiti da palle di schioppo che spezzavano gli arti e da ferro affilato che squarciavano le carni. E fu sofferenza inaudita: 24 giugno 1859, tra morti e feriti furono 40mila. Fu anche, quel dolore assurdamente enorme, generatore di solidarietà, dalla gente del luogo. E da uno svizzero illuminato, Jean Henri Dunant, che in quei giorni di morte e di pianto maturò l’idea della Croce Rossa.
Ora, non so invece come sia maturata l’idea di piantarci vigna di tocai a San Martino. Da qualche parte ho letto che sarebbero stati proprio dei furlani a portarla, perché qui sostavano portando vacche in transumanza. Chissà.
So anche che, dopo un iniziale successo, il tocai sammartinese è lentamente caduto nell’oblio, e ormai non c’era quasi più nessuno che lo vinificasse, soprattutto nei tempi di rossi imperanti, gli anni Novanta. Ora, però, l’onda del bianco torna a montare. E magari c’è anche lo zampino del successo del cugino Lugana. E insomma, ecco che il San Martino è tornato ad uscir fuori dal guscio. Ed è un bianco che si fa rispettare. Lo fanno in pochi, ne fanno poco, ma merita attenzione, ché si bevono dei buoni bicchieri.
Qui sotto vi conto qualcosa dei tre che ho, appunto, bevuto quest’anno. Che non son tutta la produzione, ma ci siamo vicini, ché mi pare ce ne siano ancora due o tre e basta, e quelli, ahimé, non m’è capitato di tastarli.
Il prezzo? Non ce l’ho, ma - tranquilli - son pochi euro a bottiglia. E dunque son bocce da comprare con serenità.
L’ordine degli assaggi è alfabetico, per azienda.
San Martino della Battaglia Pergola 2006 Civielle Civielle sta per Cantine della Valtenesi e della Lugana. Il vino ha colore quasi dorato, traversato da vene erbacee. Naso di frutto giallo maturo. Bocca pure polposa, magari un po' dolcina, ecco. E poi note di camomilla (che son caratteristiche), e anche il the. E c’è buona lunghezza, e freschezza integrata. Non è il mio stile, con quella morbidezza, ma è ben fatto.
Due lieti faccini :-) :-)
San Martino della Battaglia 2006 Cobue Si concedono lentamente al naso i fiori bianchi, ed è dunque florealità ritrosa quella di questo San Martino. La bocca è rustica. Raspa come una carta vetrata. Ha freschezza in rilievo e sotto la camomilla e ricordi di fieno e poi frutto giallo non maturissimo, ma di buona densità. Vino apparentemente semplice, in realtà di bella lunghezza e materia. Da osservare.
Due lieti faccini :-) :-)
San Martino della Battaglia Campo del Soglio 2006 Colli a Lago Mi piacerebbe riprovarlo adesso il San Martino dei Formentini, ché quando l’ho bevuto, a fine giugno, era da troppo poco in bottiglia, e quindi ancora chiuso e scosso. E invece sappiate che il Campo del Soglio è sempre bel vino, appagante (buonissimo trovai il 2004). Fresco. Sapido. Ha polpa. E nitida memoria di pesca bianca.
Due lieti faccini :-) :-)

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