sabato 8 settembre 2007

Quei dieci Soave che fanno felici i miei faccini

Angelo Peretti
A volte t’incastrano. Se scrivi sui giornali, capita che ti chiamino a fare il moderatore a convegni, dibattiti e tavole rotonde. Spesso riesci a schivare, altre volte no. E quasi sempre ti trovi a non moderare un bel niente, ma tutt’al più a fare da timer ai relatori, che mica sempre sono fedeli ai tempi che gli hanno assegnato. E insomma, ti senti una specie di soprammobile, e basta, che apre la bocca solo per dare e togliere la parola ad altri. Succede, e non è che uno ci si senta gratificato.
L’ultima volta in ordine di tempo m’è accaduto di fare il moderatore al Soave Versus, la rassegna annuale che il Consorzio di tutela del Soave dedica ai bianchi della denominazione. E devo dire che non è stato neanche così difficile, perché chi doveva intervenire l’ha fatto sostanzialmente nei tempi prefissati, e così il convegno - troppo lungo, come tutti i convegni, ma non per colpa di chi ci doveva parlare - è finito pressoché all’orario programmato: appena sei minuti di sforamento sono una specie di record, soprattutto se si pensa che si era partiti col solito quarto d’ora di ritardo.
Ora, è stato un peccato non aver potuto approfondire l’ultimo intervento, quello di Stefano Raimondi, responsabile della linea «vini alcolici e bevande» dell’Ice, l’Istituto per il commercio estero. Ché delle numerose slide che aveva preparato sul pc non ne ha presentate che un numero limitato, e dentro ci si leggevano dati che probabilmente era il caso d’approfondire. Dati di vendita e di posizionamento commerciale dei vini bianchi veneti nel mercato globale.
Cercherò di riassumere per sommi capi qualcuno dei trend illustrati, e sono grato a Raimondi d’avermi lasciato una stampata delle sue diapositive.
In primis: il divario fra export è italiano di vini rossi e bianchi si sta colmando. Ma nello stesso tempo i vini a denominazione sono da anni sostanzialmente sugli stessi volumi di vendita all’estero, mentre crescono, e parecchio, i vini da tavola. Insomma: si esporta vino che costa poco. E quest’osservazione vale tanto più per i bianchi del Veneto, ch’è la prima regione esportatrice: i prezzi medi praticati sono a quota 1,92 euro, contro un valore di 2,55 euro per la media italiana. E se proprio si vuol farsi del male con qualche altra osservazione, be’, preoccupa un pochettino vedere che quasi l’80 per cento circa dell’export vinicolo veneto è concentrato su quattro paesi: la Germania (col 41 per cento), il regno Unito (19 e passa), gli Stati Uniti (con l’8 per cento, che è dato buono, ma miserello se si pensa alla dimensione del mercato a stelle&strisce) e il canada (e lì siamo al 7 e più). Vien quinto il Giappone, che è quasi al 6 per cento. Si dirà: sì, ma son mercati floridi, e la Germania è partner commerciale ben piazzato. Certo, ma i tedeschi pagano poco poco il nostro vino, e concentrar le vendite lì non dà grande valore aggiunto. Meglio sarebbe convincere gli americani, ma a quello ci pensano di già i toscani, che hanno nell’America del Nord il loro mercato di sbocco prevalente, sul quale superano di molto per fatturato le vendite che fanno nell’intera Europa. E c’è da meditare.
E la fonte è autorevole. L'Ice s’occcupa di promozione del made in Italy sui mercati internazionali. Ed ha, nel settore del vino, lunga tradizione. L’ufficio di Raimondi supporta la presenza delle imprese del settore sui mercati internazionali: fiere, workshop, comunicazione, azioni presso i punti vendita, formazione degli operatori esteri. Eppoi monitora i mercati, attraverso l’analisi dei flussi statistici (volumi, valore, tipologia, provenienza, destinazione ecc). Mica poco davvero.
Detto questo, so che a qualcheduno fra chi legge quest’InternetGourmet gli è già venuto il mal di testa, e allora meglio darsi al vino. Nel senso di descriver qualche vin di Soave. E siccome però non ho avuto modo & tempo d’assaggiar tutto al Soave Versus (ed anzi mi son limitato a tastare qui e là, per provar cose nuove o per aver qualche conferma), faccio come l’anno passato e riprendo gli appunti di degustazione soavisti dell’ultimo paio di mesi, e adopero quelli, prendendo in considerazione anche aziende che al Versus non c’erano. In miscellanea, dunque. E sono una decina i Soave che (sin qui) mi son tanto piaciuti. Al punto che è diecina cui assegno, d’ufficio, i miei tre faccini gaudenti.
Soave Classico Monte Fiorentine 2006 Cà Rugate Et voilà, altra annata ed altro Fiorentine in grande spolvero. Un bianco che ha un marchio di fabbrica, con quel suo bel frutto giallo pulitissimo, croccante, succoso. Quella beva appagante. Quella snellezza. E quegli accenni di sottilissima mineralità. E quell’accenno di noce sul fondo.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Pressoni 2006 Cantina del Castello Il Pressoni m’è piaciuto parecchio anche in annate passate, e questo 2006 m’ha confermato, se bisogno ce ne fosse stato, la bellezza di questo crû soavista. All’olfatto ha impronta estremamente citrina. E agrumata è pure la bocca. E fresca. E vene d’ananasso e ortica e frutto bianco.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Cà Visco 2006 Coffele Be’, che dire del Cà Visco che io non abbia già detto in passato? È un gran bel vino. Con tutto quel frutto giallo al naso. E quella polpa fruttuosa densa che t’invade il palato. E quella ruvidità da carta vetrata che ti raspa sulla lingua. E quelle vene vegetali che rinfrescano. E via lunghissimo. Ed elegante.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Superiore Vecchie Vigne Contrada Salvarenza 2005 Gini C’è un prato fiorito che s’apre nel bicchiere quando annusi il Salvarenza del 2006. E floreale si porge al palato. E c’è in di più freschezza e mineralità in bel rilievo, e cenno d’erba officinale. Il finale è quello asciutto, quasi tannico, che mi piace trovare in un Soave importante.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Superiore Monte Sella 2005 Le Mandolare Non ricordo se ho mai scritto prima d’un vino della Mandolare. Eppure ricordo che il loro Monte Sella m’era piaciuto già nell’edizione 2004 e parecchio di più l’ho goduto nella versione 2005, con tutto quel suo frutto giallo maturo maturo e quella vena agrumata e quella spezia intrigante.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Montetondo 2006 Monte Tondo Frutti e fiori. Gialli. Ce n’è tanti d’entrambi, al naso e in bocca, in questo Monte Tondo del 2006. Ed ha gran polpa, tanta. Epperò anche bella freschezza che rende succosa e salina e appagante la beva. Un gran bel vino, che m’è piaciuto bevendolo un paio di volte di già da luglio a qui.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Calvarino 2005 Pieropan A Soave Versus il Nino Pieropan non espone. E vabbé, ma il Calvarino, bevuto a luglio, è memorabile anche nell’edizione 2005. Con quella sua tensione che gli è caratteriale e quella potenza e quella grassezza di frutto e quella vena d’ortica e quel ricordo di frutto tropicale e quelle nuanche di frutta secca.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Staforte 2005 Prà L’anno passato, quand’ero andato giù di testa per lo Staforte, il nuovo Soave di Graziano Prà, ci fu chi me ne disse un prógno, ed anzi ne scrisse perfino. Vabbé, adesso dite quel che volete, ma anche il 2005 mi piace, e tanto tanto. Con quel frutto bellissimo e succoso. E quella tensione di beva. E i fiori macerati.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Monte Carbonare 2006 Suavia Ora, nel club dei grandi del Soave, le sorelle Tessari un posto se lo son guadagnate da tempo, e il Carbonare ’06 è un conferma. V’è naso floreale (e il fiore secco che s’aggiunge a quello di prato) e bocca fra l’agrumato e il salino. E morbidezza che ti coccola e insieme anche tensione di beva.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Soave Classico Le Bine di Costìola 2006 Tamellini M’era strapiaciuto il 2004. In luglio, ho adorato il 2005. Adesso che Gaetano Tamellini m’ha fatto provare in anteprima il 2006 (da soli due mesi in bottiglia), posso dire che è uno dei bianchi più intriganti che mi sia occorso di bere negli ultimi anni (e ne ho bevuti, di bianchi). Grande e complesso.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)

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