Angelo Peretti
Guarda se doveva capitarmi di finire nel Padovano per bere, ad autunno iniziato, un Chiaretto di Bardolino. Fuori zona e fuori stagione. Ma, tant’è, succede anche questo. Ché i miei compagni di tavola, alla fine d’un congresso, volevano un vino non troppo impegnativo, eppure gradevole, prima di mettersi in viaggio. E allora, adocchiando la carta, ecco che m’è venuto in mente di «rischiare» un rosato. Il Bardolino Chiaretto di Corte Gardoni, Valeggio sul Mincio, sud inoltrato del «mio» lago di Garda. E i commensali han gradito. Replicando la bottiglia. Insomma: m'è andata dritta. Salvando pranzo e reputazione.
Mica facile fare un bel rosè. Serve uva buona, tempismo, equilibrio. Uva buona e sana, ché altrimenti la cattiva maturazione, la scarsità di sostanza si sentirà nel vino, così esile da esser messo in crisi da qualunque qualsiasi distorsione organolettica. Tempismo per via del colore: la tinta del vino viene bucce (i rosati si fanno con uve rosse) e dunque è il tempo in cui buccia e mosto restano a contatto a determinare la tonalità finale. Equilibrio, perché il rosato non è né bianco né rosso, non deve somigliare a nessuno dei due, ma un po’ di entrambi deve avere le caratteristiche, vestendosi della florealità e vegetalità d’un bianco e della fruttuosità d’un rosso. Dunque è una tipologia tutta da riconsiderare anche da parte del consumatore: ne vale la pena.
Un rosato da antologia ce l’ha regalato in terra veronese la vendemmia 2004: è il Bardolino Chiaretto dell’azienda agricola Corte Gardoni, a Valeggio sul Mincio. Gianni Piccoli, padrone-patron di Corte Gardoni, è uomo convinto che il buon vino lo si fa prima di tutto in vigna, curandola con passione, abbassandone le rese. Come lui sono convinti i figli, Mattia, Stefano e Andrea, che da anni vanno e vengono dalla Francia per impararne la cultura vinicola. Ebbene, messi insieme, i saperi enoici di papà Gianni e dei figli globetrotter hanno fatto la quadratura del cerchio. Il loro Bardolino Chiaretto 2004 ha colore tenue, impalpabile, antico: somiglia alle carte delle caramelline tonde di zucchero che si trovavano nei piatti di Santa Lucia. I profumi rimandano al piccolo frutto di bosco, al lampone in particolare, con qualche nota sottile di erbe officinali. La bocca è succosa, croccante di ciliegia e di susina, con una vena di quelle fragoline che si trovano all’ombra nei boschi. Così ha da essere un Chiaretto: leggiadro, dissetante, appagante. Di gran beva. Come dovrebbe essere un Chiaretto, appunto.
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