Angelo Peretti
Fossimo in Francia, lo chiamerebbero clos. Un piccolo appezzamento di terra - un vigneto - tutto chiuso da una cinta di mura antiche. Invece siamo in riva al Garda. A Portese, comune di San Felice del Benaco. Riva lombarda, bresciana, d’occidente. Proprio a ridosso delle ultime case del paesino.
Ad evocare il fondo cintato c’è il nome dell’azienda: Le Chiusure. Ed a gestire l’aziendina - quattro ettari di vigna in tutto - è Alessandro Luzzago. Insieme a Paola, la moglie. Lui ha preso a far vino nel ’90. Prima lavorava nell’editoria, presso la Grafo, la mitica (almeno per me) micro casa editrice di quel visionario illuminato ch’era Roberto Montagnoli, l’unico che avrebbe (forse) davvero potuto creare una comune cultura dell’intero lago, e che invece la morte ci ha strappato troppo presto. Ma queste son mie malinconie.
Che con la terra il sciur Luzzago avesse in ogni caso feeling lo si legge nel fatto che s’è preso una laurea in agraria. E con la casa e il terreno di Portese ci aveva comunque famigliarità, ché ci trascorreva le estati: era dai tempi della guerra che i suoi avevano preso l’abitudine d’abbandonar la vita cittadina in favore della riviera, almeno nelle giornate di calura.
Il posto è carinissimo. A far da sentinella al vetusto portone d’ingresso ci son due gelsi monumentali (già già, monumenti naturali). A lato, affacciata sulla strada, una chiesuola dedicata a Sant’Anna, che se non ho capito male s’apre ai fedeli una volta l’anno, come s’usa cogli oratori campestri. Passato il portone, un piccolo cortile su cui dà un classico edificio rurale lumbàrd, col doppio loggiato. Affascinante.
Ci fa, Luzzago, su quel suo appezzamento (e su un altro piccolino vicino), poche bottiglie di ben quattro vini differenti: un Chiaretto, un Groppello, e poi due uvaggi, che sono il Campei (barbera, sangiovese e marzemino) e il Malborghetto (rebo, merlot e un pelino di barbera). Bene: è di quest’ultimo che voglio parlare, del Malborghetto. Ché ne ho trovate interessantissime le due ultime annate uscite, il 2003 e il 2004. E allora sono andato a fare un giro a Portese. E Alessandro Luzzago m’ha usato la cortesia di scendere in cantina e portar su addirittura le ultime sette annate, e poi m’ha preso anche una prova di vasca del 2005 (è già in acciaio, assemblato, dopo il passaggio in legno: il vino fa un anno di barriue, ma quel che mi piace è che il rovere non l’avverti, e nemanco la tostatura) e un assaggio dalla botte del 2006. E non è certamente cosa frequente fare una verticale di nove vendemmie d’un vino rivierasco, lacustre, benacense. Ed altrettanto raro è che se ne possano comprare, d’un vino di riviera, più annate, e invece qui stanno vendendo, insieme, il 2000, il 2001, il 2003 e il 2004 (Il 2002 non si fece: anno di grandine e troppa pioggia), e li propongono a prezzi differenziati: 20 euro il primo, 16 il secondo, 17 il terzo e 14 il quarto, tenendo conto dell’età e dell’esito della vendemmia e dell’affinamento. Incredibile: pare proprio di star in Francia, dove cose del genere sono la prassi. E insomma mi toccherà parlar davvero di Clos delle Chiusure, alla franciosa.
Aggiungo che, di fatto, ho provato quasi tutta la storia del Malborghetto (a proposito: è un igt Benaco Bresciano), dal ’97 al 2006. Esclusi il ’94 e il ’96, di cui non esiste più neanche una boccia. Mentre non si son prodotti né il 2002, né il ’95, che furono metereologicamente terribili in riva al Garda bresciano.
Un accenno alle uve. Il taglio attuale del Malborghetto prevede una lieve prevalenza di merlot, e poi il rebo, e infine giusto un accenno di barbera. La barbera sul Garda d’occidente la si coltiva da tempo: è parte obbligatoria del Garda Classico Rosso (insieme col groppello, il marzemino e il sangiovese). Il merlot lo si conosce. Il rebo sta incontrando successo crescente in Valtenesi e dintorni. Ed è, questo rebo, un incrocio di merlot e marzemino ideato nel ’48 da Rebo Rigotti alla Stazione Sperimentale di San Michele all'Adige: in Trentino, patria natia, non sembrano dargli gran credito a questo meticcio, e invece i vigneron del Benaco lombardo gli concedono fiducia molta, e i risultati sembrano dar loro ragione. Vedremo cosa gli riserverà il futuro.
Ora, ecco finalmente le schede dei vini. Col doppio giudizio: centesimi e faccini.
Malborghetto 1997 Colore scarico, un po’ aranciato. Al naso palesa tracce ossidative, ma ancora resiste il frutto. Ed ha catrame. In bocca apre bene: evoluto, sì, ma ancora dotato di freschezza. Direi iodato, perfino, salmastro (e sarà una presenza anche d’altre annate). Piccolino, il frutto. Sta declinando, ma si beve ancora.
78/100 – un faccino e quasi due :-)
Malborghetto 1998 Livrea rossa brillante. Naso dapprima ostico, agliato quasi. Poi si pulisce, ma il frutto fatica ad esprimersi. Ed anche in bocca avverti presenza fruttata, ma quasi compressa, involuta. E c’è una vena acidula che pare scomposta. Peccato. L’annata meno convincente fra quelle testate.
74/100 – niente faccini
Malborghetto 1999 Solitario. Nel senso ch’è risultato, alla fine, diversissimo dall’altri. Con quella spiccata nota verde, tra l’erbaceo e la memoria di peperone. Snello, fresco, sapido. Ha bel tannino, giovanilissimo. E frutto rosso succoso. Ancora la vena iodata che s’era già trovata nel ’97. Se avesse un pelo di lunghezza in più...
84/100 – due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Malborghetto 2000 Colore bellissimo, rubino brillante. Naso fascinosamente fruttato (la ciliegia stramatura, in confettura), aristocraticamente innestato da vene d’eucalipto, di pepe. Ed ha sottili memorie catramate. La bocca è altrettanto fascinosa. Densa, polposa. Quasi masticabile, il frutto. E tannino ben definito. Gran bel vino.
87/100 – tre lieti faccini :-) :-) :-)
Malborghetto 2001 Che naso strano... Ancora quelle sensazioni iodate, ma direi più accentuate. Ancora il goudron catramoso. Ma il fruttato mi par compresso. In bocca sfoggia carattere. Carnoso, sapido. Caldo. Cenni di liquirizia. Ecco: il tannino asciuga un po’, ed è un peccato, ché la progressione del frutto ne viene stoppata.
82/100 – due faccini :-) :-)
Malborghetto 2003 La bottiglia assaggiata in azienda non andava, non mi convinceva. Un po’ cotta. Ma a casa ne avevo un’altra e l’ho aperta, e vivaddìo mi son ritrovato il bel 2003 che ricordavo: frutto, frutto, frutto. Denso, polposo, avvolgente. E c’è progressione slancio. E bella pepatura. E lunghezza di tutto rispetto.
86/100 – tre lieti faccini :-) :-) :-)
Malborghetto 2004 Alla lunga, questo 2004 finirà per battere il fascinoso 2000, ci scommetto. Mi piace. Ha frutto e nota erbacea (officinale) insieme. E bella bocca: ci trovi tensione, carattere. Ed ecco la frutta rossa succosa e densa. E bel tannino, integrato. Nulla concede alla ruffianeria: è insieme rustico ed elegante. Buono.
87/100 – tre lieti faccini :-) :-) :-)
Malborghetto 2005 Va in bottiglia in questi giorni e sarà in commercio solo nella primavera del 2005. Ho assaggiato una prova dalla vasca, non ancora il vino definitivo. Epperò già avverti che ci siamo. Magari non bellissimo come quello delle due precedenti annate, ma in linea, questo sì, in quanto a carattere ed eleganza.
Ipotizzo 83-86/100 – troppo presto per i faccini
Malborghetto 2006 Solo un assaggio dalla botte. Ma già avverti bel frutto, nitido, maturo. Ed è fruttato d’interesse sia nella prova olfattiva che in quella gustativa. E insomma, se il buon giorno lo si vede dal mattino, questo 2006 promette bene davvero. Magari è un’annata un po’ piccolina, ma c’è eleganza, sissignori.
Ipotizzo 84-87/100, ma è un azzardo - niente faccini, ovviamente, ché quest’è solo un abbozzo di vino.
domenica 26 agosto 2007
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