Angelo Peretti
Ho già detto e scritto che io sto col tappo a vite. Nel senso che se il vino non è destinato a invecchiamento lungo assai, trovo la moderna chiusura screwcap pratica e intelligente e priva di sostanziali rischi. Che poi, se non finisci la bottiglia a pranzo, le riserri e la tieni (abbastanza) ben conservata fino a cena. E non è un’opzione cattiva, permettete. E ancora meglio sarebbe per il wine bar, ch’evita di lasciar la boccia aperta e rallenta l’ossidazione. Ma vabbé, mica è facile per il produttore e per il rivenditore e per il consumatore convertirsi a questa «nuova» chiusura, che certamente mett’in disparte un po’ della rituale poetica del vino.
Gli è però che all’estero lo screwcap lo chiedono, soprattutto laddove non c’è lunga tradizione di vino. E all’estero l’usano anche, i produttori enoici. Ormai tutti i Sauvignon della Nuova Zelanda sono in tappo a vite. E si comincia a vederne in Borgogna, anche su vini d’una cert’importanza. E ce n’è in Germania per i Riesling o in Austria per i Grüner Veltliner. E magari sarà per l’affinità col mondo austro-germanico, ma i Freie Weinbauern Südtirol - l’associazione dei liberi vignaioli dell’Alto Adige, capitanata da Josephus Mayr – si son convertiti al tappo a vite anch’essi. Bene! Qualcuno ci voleva che desse il la.
È la novità che più m’ha colpito visitando, a Bolzano, l’annuale appuntamento di Vinea Tirolensis, la classica degustazione pomeridiano-serale (di lunedì, dalle 15 alle 21: mica hanno tempo da perdere, ‘sti vigneron suddtirolesi) dei Freie Weinbauern.
Per carità, non tutti hanno effettuato la svolta. E il sughero continua ad essere la scelta d’assoluta prevalenza. Però lo screwcap ha cominciato a vedersi sulle bottiglie d’alcuni bei nomi del vino altoatesino: Falkenstein, per esempio, tribicchierato dal Gambero Rosso & Slow Food per il suo Riesling, oppure Unterortl (quelli del Castel Juval, per capirci). E stessa scelta la fanno altri, piccolini, come Unterhofer, 2,3 ettari appena di terra in Oltradige. Ed è un bell’atto di coraggio. E d’apertura al mondo. Sia lode a loro.
Dei vini, adesso. E devo dir con rammarico che ho trovato sui bianchi un 2006 in tono un po’ minore di quanto m’attendessi, e confrontato col 2005 mi pare un bel gradino sotto. Ma quest’è il bello: che qui s’interpreta l’annata, e quel che viene lo si accetta e rispetta. E comunque qualche bottiglia in grande spolvero c’è anche quest’anno.
Dei rossi ho provato meno. Ho saltato quasi a pie’ pari i Blauburgunder, perché me n’ero fatta un’abbuffata di Pinot nero al concorso di Laimburg (e pazienza se qui c’era la nuova annata: mica tutto si può assaggiare stando in piedi e girando fra i tavoli: ah, se ci fosse una saletta per chi, come me, ha poi da scriverne!). Ho accantonato i Lagrein (qualche scelta bisogna pur farla, quando i vini sono più di duecento). E mi sono buttato sulle Schiave, curioso di sapere come venisse interpretato questo vitigno minore che sta trovando nuovo interesse, ora che si vuol vino da bere.
Qui di seguito, in ordine sparso, le cose migliori fra quelle che ho messo nel bicchiere, sapendo che in poche ore puoi tastare con attenzione sì e no un quarto di quanto è in esposizione (per cui, chissà che belle cose mi son perso).
Sono dieci bianchi e cinque rossi.
I bianchi
Eisacktaler Kerner 2006 Manfred Nössing
Il solito bianco fuoriclasse della Val d’Isarco: gran vino. All’olfatto esplode il frutto giallo e il fiore e l’erba alpestre. Fascinoso. In bocca è pesca polposa e soda. E c’è profondità e ricchezza. E beva vibrante. Un Kerner da antologia.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Eisacktaler Sylvaner 2006 Manfred Nössing
Non aveva il Grüner Veltliner, Manfred Nössing, e mi si dice sia un grande Grüner. Ma insieme al Kerner strepitoso aveva un altro bianco in grande spolvero: questo Sylvaner. Erbaceo d’ortiche e di salvia. Elegante e leggiadro. Lunghissimo.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Vinschgau Riesling 2006 Falkenstein
Altra bella annata per il Riesling di Falkenstein, Val Venosta: un classico, ormai. Da bere giovane, direi, come già la vendemmia precedente. Al naso propone ricchissimo il bouquet dei fiori di montagna. Bocca polposa e tesa e fresca e resinosa.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Gewürztraminer Mazzon 2006 Gottardi
Andare allo stand di Bruno Gottardi senz’assaggiare il Pinot Nero può sembrare un’eresia. Ma avrò altra occasione, mentre il Gewürz è più raro trovarlo. Ed è fra i bianchi migliori del Südtirol. Favolosamente denso di frutto e di spezia.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Gewürztraminer Pinus 2006 Zirmerhof
La sorpresa. Bella sorpresa. Josef Perwanger ha appena 0,6 ettari di vigna. Il Gewürztraminer del 2006, fatto in botte d’acacia, è splendido. Citrino (perfino ricordi di fiord d’arancio), speziato finissimamente, freschissimo, lungo.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Eisacktaler Sylvaner 2006 Garlider
Elegante all’olfatto: tra fiore ed erba di prato alpestre. E in bocca è proprio un’esplosione di florealità bianca. E poi c’è ricordo erbaceo d’ortica. E frutta gialla sumatura. E vene di bella mineralità che rendono ancora più intrigante la beva.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Eisacktaler Kerner 2006 Strasserhof
Al naso, la pesca nettarina croccante, quand’è ancora non del tutto matura. E poi salvia e ortica. E una vena di mineralità sottilissima. In bocca c’è apertura aromatica. E tensione. E beva nervosa. Magari un pelo di dolcezza in più.
Due lieti faccini :-) :-)
Vinschgau Weissburgunder 2006 Falkenstein
Ancora Falkenstein, ma col Pinot Bianco stavolta. Che è vino che han bella tensione di beva. Un bianco che ha carattere e personalità nervosa. C’è bella lunghezza, e sul frutto croccante s’innesta una vena sottilissima di mineralità.
Due lieti faccini :-) :-)
Weissburgunder Strahler 2006 Stroblhof
Stroblhof è in Oltradige, ad Appiano. Ed ha un Pinot Bianco niente male, fresco, nervosetto il giusto, vegetale parecchio, con bell’eleganza floreale e una speziatura che mi ricorda il pepe bianco. Ed ha buona lunghezza.
Due lieti faccini :-) :-)
Bronner Julian 2006 Lieselhof
Il bronner è un vitigno ridotto a poca cosa come quantità, salvato dall’oblio. Prodotto con chimica zero in vigna e in cantina, questo bianco ha naso affascinante: foglia verde, frutto giallo maturo, litchie. Bocca aromatica, poi. E rusticità.
Due lieti faccini :-) :-)
I rossi
Pinot Nero Mason 2005 Manincor
Ora, sì, ho detto che ho bevuto poco Pinot Nero, ma siccome il 2004 di Manincor m’era piaciuto proprio tanto al concorso di Egna, ho voluto provare la nuova annata. Ed è altra annata di gran piacere. Rosso elegante e di bell’appagamento.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Vernatsch Wolfsthurn 2006 Stachlburg
La bevi a secchi, questa Schiava della Val Venosta. Naso tra il fruttatino e lo speziato. Bocca che ha frutto e vena vegetale. Fresca e un po’ tannica. Piacevole. Semplice e complessa insieme. Che volete di più da un rosso di unidici gradi e mezzo?
Due lieti faccini :-) :-)
Vernatsch 2006 Gumphof
Altra Schiava. Dal bellissimo colore rosso pallido. Che già a guardarlo, s’to vinello, ti vien voglia di berlo. Naso di lampone. Bocca succosa di fruttino. Fresca, eppure anche col suo caratterino. E c’è tannino misurato. Se solo ci fosse un po’ più di lunghezza...
Due lieti faccini :-) :-)
Vernatsch Amadeus 2006 Lieselhof
Non viene filtrata, questa Schiava: l’azienda lavora così. E dunque è quasi torbida, nel bicchiere. Ed è vino rustico assai, ma anche di bella sostanza. Rosso terroso e pepato e complesso nelle note di fruttino maturo. Vorrei un po’ di freschezza in più.
Due lieti faccini :-) :-)
Vernatsch Campenn 2006 Unterhofer
Due vini, un bianco e un rosso, entrambi in tappo a vite. La Schiava è vino di non grande pretesa, eppure di beva piacevole e sapida. Manca magari un po’ nella profondità, ma ha bocca fruttatina e pepata e sfoggia discreta lunghezza.
Un lieto faccino e quasi due :-)
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