Angelo Peretti
Ma guarda te se ci si doveva mettere la grandine per salvare il Valpolicella d’annata. Già, perché chi ha preso la tempestata di fine agosto, almeno in (buona) parte l’uva l’ha potuta raccogliere lo stesso, ché già aveva confortanti indici di maturazione, ma mica l’ha potuta destinare all’Amarone, acciaccata com’era. E allora, credo (spero), via a produrre (anche) il tanto bistrattato Valpolicellino d’annata, che altrimenti rischiava la scomparsa. Già, perché ormai è da un paio d’anni che gira voce insistente d’un possibile abbandono quasi radicale del piccolo della doc valpolicellista, sopraffatto dall’impetuoso successo commerciale di sua maestà l’Amarone e del principe Ripasso, che amaroneggia vieppiù. E dunque tutti a destinar l’uva ai super-red valpolicellesi. Appassire, appassire, è la parola d’ordine. Tutti a far cassettine di grappoli destinati al fruttaio. Ad onta del vino giovane, per il quale si adopera magari solo l’uva dei vigneti più giovani, oppure quel che resta (se ne resta) dopo la vendemmia per l’Amarone, per il Recioto, per il Superiore, per il Ripasso.
Perché l’abbandono del piccoletto in favore dei parenti più prestanti? Perché pecunia non olet, come dicevano i latini. Tradotto e adattato in lingua locale: Schèi fa schèi. E c’è da capirli (e di schèi, in Valpolicella, ne hanno fatti, sull’onda amaronista che sembra non conoscere scoglio, il che ha davvero del sensazionale).
Piuttosto, ci sarebbe da chiedersi se nel medio-lungo periodo si dimostri davvero azzeccata la scelta di puntare tutto su due tipologie di vino prettamente tecniche (son tutt’e due figli diretti o indiretti dell’appassimento), orientando per di più la comunicazione sui soli nomi per l’appunto della tecnica, e mettendo invece in secondo piano la denominazione di terroir: chi dice più Amarone della Valpolicella o Valpolicella Ripasso? Si semplifica, si abbrevia: Amarone, Ripasso, stop. E la Valpolicella tende quasi a scomparire dalla lingua enoica. Talché in un’indagine commissionata dallo stesso Consorzio è emerso che taluni identificano l’Amarone come vino del Piemonte o d’altre terre ancora.
Detto questo, l’interrogativo che qualcheduno mi pone è: «Ma esiste ancora un buon Valpolicella d’annata?» Che si possa bere senza tanto rotear di calice, decanter et similia. Con qualche disimpegno e una fetta di soppressa e una di polenta brostolà. E io dico: nonostante tutto, sì, qualche piacevole vino fresco c’è. Di quelli franchi di beva e fruttati e succosi. E qui sotto fornisco l’indicazione d’una cinquina d’interessanti 2006 che ho assaggiato nei mesi estivi. E non sono solo questi i Valpolicellini da bere, ma mica tutto ho potuto tastare (ad esempio, non ho provato quello dei Venturini da San Floriano, che di solito mi piace).
Valpolicella Colli Neri 2006 Cantina di Montecchia Colli Neri è la linea. E il vino non ha altra pretesa se non quella, vivaddìo, di farsi bere, e bene anche. Il naso è fruttato: ciliegia in primis. Senza eccessi, ma con pulizia notevole. E c’è sotto spezia leggera. In bocca è beverino e fresco e snello. Se solo avesse un pelo di lunghezza in più, potrebb’essere un piccolo fuoriclasse...
Due lieti faccini :-) :-)
Valpolicella Classico 2006 Corte Rugolin I Coati fanno bell’Amarone, elegante. Ma anche il loro baby Valpolicella è di quelli che lasciano il segno. In direzione opposta all’Amarone, ovvio: di qui snellezza, di là concentrazione. Ma c’è bel naso tra il fruttatino e lo speziato. E bocca fresca, verde, floreale (memorie di ciclamino). E c’è, sotto, una base di ciliegia e anche discreto tannino. Beverino, piacevole.
Due lieti faccini :-) :-)
Valpolicella Classico 2006 Allegrini Be’, sì, m’era piaciuto di più in precedenti annate il Valpolicella basic degli Allegrini, ma è mica male neanche questo 2006. Fatto con mestiere. Naso di frutto e spezia. Bocca fruttata e tannica e fresca. Note intriganti di ciclamino insieme a quelle della ciliegia. Materia parecchia. Ecco, altri anni ci trovavo più beva, però resta un bel bicchiere.
Due lieti faccini :-) :-)
Valpolicella Classico Il Valpolicella 2006 Buglioni Ecco: qui la ciliegia c’è. Magari non è esattamente un’esplosione di frutto, ma è nitida, pulita. E in bocca questo valpolicellino targato Buglioni si presenta semplice sì, da tracannare con disimpegno, ma anche ben modulato. Magari un po’ verde, ecco, ma ha frutto e vena acida in bell’evidenza e qualche nota tannica ben integrata.
Un lieto faccino e quasi due :-)
Valpolicella Classico 2006 Camporeale Probabilmente c’è chi lo troverà un po’ dolcino, un po’ morbidosetto, però ha fruttino (la ciliegia, la fragola) e caramellina al lampone. Al naso e in bocca. Punta molto a un approccio morbido, confidenziale, questo piccolo rosso di Mario Lavarini. Ma ha discreta lunghezza e, insomma, un buon bicchiere con una fetta di soppressa giovane ci sta.
Un lieto faccino e quasi due :-)
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