Angelo Peretti
Se ve li ricordate non siete certamente degli adolescenti. Io li ricordo, ergo l’adolescenza, almeno anagraficamente, è passata da un pochetto. Mi riferisco a Roger Moore e Tony Curtis quando facevano «The Persuaders». Da noi, in Italia, era «Attenti a quei due». In televisione. C’era una sigla di quelle memorabili, composta da John Barry (e ne ha fatto una piacevole versione qualche anno fa Gatto Ciliegia Contro il Grande Freddo, nome strampalato d’una band italiana che fa musica distesa e stralunata: mica facile trovare il disco, ma se vi capitasse...).
Tutta questa premessa, l’ammetto, solo per giustificare in qualche modo il titolo che ho messo sopra al pezzo: «Attenti a quei tre». Perché voglio parlare d’un terzetto di luganisti che certo non sono fra i più noti. Ma che han tirato fuori proprio dei bei bianchi, con la vendemmia del 2006. E che vabbé, d’accordo, son tre al posto di due, ma insomma meritano attenzione, e van seguiti. A condizione (e con la speranza) che poi ci sia continuità. E quest’è una grossa questione per l’area del Lugana: so per esperienza che ad ogni annata vien fuori la buona sorpresa, ma non è così facile aver conferma vendemmia dopo vendemmia. Ché magari l’azienda è piccina, e forse non c’è dunque mezzo di far grand’investimenti in tecnologia di cantina (e in sapere, e in consulenza). Ma in terra di Lugana non si può transigere, ché quest’è bianco importante, ma difficile. E difficoltoso è interpretarlo, il trebbiano delle argille. E mantenergli tensione, e nerbo, e sapidità, e lunghezza, e frutto pulitissimo e vena minerale. Senza scadere nella sdolcinatura modaiola o, peggio ancora, nell’aberrazione che si fa difetto. E quest’è l’altro problema del Lugana: intendo che li fan morbidi, dolcini, e capisco che a farli così si vendono facile, ma ho detto altre volte, e ribadisco, che è così poco, il Lugana, che meglio sarebbe nutrir migliore ambizione, e dunque far gran bianco, fuor dalla moda e dalla tendenza dell’attimo, che fugge (badate bene: fugge!).
Dunque, segnalo le novità con beneficio di futuro inventario. Incrociando le dita per loro. E segnalo, aggiungo, con soddisfazione, ché fa piacere constatare come il territorio si muova, e metta nuovi nomi accanto alle storiche firme.
Chi sono i nomi nuovi? Eccoli qui: Cascina Maddalena, Citari, Feliciana. Mica vorrete dirmi che sono i soliti noti delle recensioni guidaiole, vero?
Di Cascina Maddalena qualcosa ho già scritto, recensendone proprio il Lugana del 2006, qualche settimana fa. Dicevo che è un’azienda piccina picciò: in tutto quattr’ettari o giù di lì. «Ma quelle poche vigne - scrivevo - metton radici in uno dei più bei crû di Lugana, credetemi». Ne sono convinto da tempo: anche in passato ho assaggiato Lugana di valore con la loro etichetta. Ma non tutte l’annate sono state allo stesso livello. Giusto per dar le coordinate per chi ci volesse andare, sappiate che sono appiccicati a Cà dei Frati. Il comune è Sirmione. Il nome della cascina sembra che venga dal fatto che Maddalena era la proprietaria del fondo quando lo comprò il nonno dell’attuale vigneron, e anche l’avo aveva per moglie una donna che si chiamava Maddalena. Ora gestiscono la piccola proprietà Luciano Zordan e la consorte Raffaella Molinari. E si dicono orgogliosi di fare agricoltura come s’usava un tempo, con la zappa. Fanno un Lugana, un rosso e un rosato.
Di Citari assaggiai un bel San Martino della Battaglia, bianco a base d’uve di tocai. M’è rimasto in mente. Poi non ho più bevuto cose loro a lungo. Mai visti di persona, mai stato in azienda. Mi pare siano quasi all’ombra della torre risorgimentale di San Martino, comune di Desenzano del Garda. In tutto hanno una decina d’ettari di vigna, con varia cultivar. Di Lugana ne fanno pochino: un migliaio di bottiglie appena, se leggo bene le note che mi hanno fornito. Da un vigneto che credo dunque sia piccolino e molto giovane, se è vero, come mi si dice, che ha una media di circa cinquemila ceppi. Solo acciaio in cantina per il bianco luganista. Stando al deplinat, oltre al Lugana e al San Martino fanno uno Chardonnay, un Garda Classico Rosso e uno spumante.
Feliciana è un agriturismo, a Pozzolengo. Mai stato neanche lì. E penso siaa la prima volta che assaggio i loro vini. Sul biglietto da visita che m’hanno fatto avere c’è scritto che in agritur fanno «piatti e sapori della cucina gardesana». So mica come sia, ma ci andrò: certo che se a tavola propongono il loro Lugana del 2006, possono metterci insieme quel che vogliono, ché solo il vino vale il viaggio. O meglio: di Lugana ne fanno addirittura due. Il primo è il base, fatto in acciaio. L’altro è una selezione, per la quale fanno vendemmia tardiva e appassimento perfino, e poi lo mettono anche in barrique per sei mesi: eppure mi dicono che è secco più dell’altro. La produzione enoica è solo luganista: ottomila bottiglie del Lugana base, tremila dell’altro.
Qui sotto le schede dei vini. Quattro Lugana per tre aziende, dunque. Con la valutazione in centesimi e in faccini.
Lugana 2006 Cascina Maddalena
Quest’è Lugana che ha personalità, e che magari ha bisogno d’un certo tempo per manifestarsi appieno. E invero l’ho trovato ancora un pochetto ostico al naso, che è insomma ritroso a mostrare il frutto, e ci vuol pazienza ad attenderlo nel bicchiere. In bocca invece già da subito gioca eccome sul frutto e sulla mineralità e sulla freschezza. Ha potenza e struttura e carattere. Secco. E rusticheggia.
86/100 - tre lieti faccini :-) :-) :-)
Lugana Le Conchiglie 2006 Citari
All’olfatto s’apre con ritrosia. Eppoi però delinea bei sentori di fiori bianchi. La bocca invece apre fin da subito, immediata, su toni floreali e di frutta bianca, polposa e matura. Ed è vino che ha freschezza salina: bella spalla acida, come usa dire chi usa certi tecnicismi. Ed ha buona lunghezza, sul frutto. Insomma: si distende sul frutto in un finale interessante. Mica male come prova complessiva.
85/100 – due lieti faccini :-) :-)
Lugana 2006 Feliciana
Ha, questo Lugana, naso verde, coi toni di clorofilla che mi piace trovare nei Lugana, ché so che poi col tempo s’intersecheranno con le vene sottili degl’idrocarburi. Ed ha accenni di pera, anche. E la bocca è poi sui medesimi toni, e anche questo mi va: fresca, salata, snella. Ci trovi frutto bianco non maturissimo. E ha lunghezza. Mi spiace un po’ solo quella nota dolcina sul fondo, il mio cruccio luganista.
78/100 – due lieti faccini :-) :-)
Lugana Sercè 2006 Feliciana
Apertosi l’olfatto dopo l’iniziale titubanza, ecco comparire le vene verdi e di già perfino minerali. In bocca c’è tensione notevole e grassezza e ricchezza di frutto e potenza. Certo, compare la vanigliatura, ché il vino ha fatto passaggio nel legno. Ma il rovere non s’avverte. E comunque ben si compensa, la nota di vaniglia, col frutto polposo. Ché la struttura è notevole, e così il carattere. E la lunghezza pure.
80/100 – due lieti faccini :-) :-)
lunedì 20 agosto 2007
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