Angelo Peretti
Giro di boa dell’anno. E dunque appuntamento con la mia personalissima classifica delle bottiglie migliori assaggiate nei primi sei mesi del 2007. Quindici in tutto, in fila alfabetica: niente categorie. Ma se proprio vogliamo andare a categorizzare, dico che sono sei bianchi e cinque rossi e due bollicine e due vini dolci (uno bianco, uno rosso). Mancano i rosati, ma solo perché li voglio riassaggiare, quelli che più mi son piaciuti, e vedere come tengono il tempo.
Lo so, probabilmente ai miei lettori poco interessa di cosa sia piaciuto a me. Ma mettiamola così: sono dei consigli per gli acquisti, delle linee di tendenza, l’occasione per ricordare cose di cui ho già parlato e per menzionare bocce di cui magari non parlerei in altre rubriche. Qualcuna memorabile è più facile da trovare in commercio, qualche altra di più problematica reperibilità. Insomma: in bocca al lupo per chi ci vuol provare a mettermi alla prova replicando l’assaggio.
Dicevo un anno fa che un’opinione sulle tendenze in atto nel mondo del vino me l’ero cominciata a fare: rossi sempre più morbidi e sul frutto (e da bere anche relativamente giovani) e bianchi che giocano sulla tensione acida, sulla freschezza, sulla durata. Mi pare che si possa confermare la previsione sui bianchi, e sul declino ormai sancito del passaggio in legno. Per quel che riguarda i rossi, be’, vedo ancora confusione, ché veramente seguitano ad aver successo i rossi morbidamente fruttati (che dire della marcia trionfale dell’Amarone e del Ripasso, che han quasi mandato in soffitta il piccolo Valpolicella?), ma nel contempo tornano alla ribalta i bordolesi, quelli veri, che certo non giocano sulla potenza ma sull’eleganza, sulla finezza, e in Borgogna s’è pure fatta autocritica, ricominciando ad abbassare i toni (colore densità) per tornare alla tradizione. E in America si parla sempre più di vini dei climi freddi, che hanno appunto tensione di beva più che muscolo. Eppoi c’è l’altra tendenza, che sarà anche modaiola, ma mi fa piacere, visto che son da sempre bevitore della tipologia: quella dei rosé, esplosa ormai a livello planetario. E comunque la bollicina buona è un evergreen, e in giro si beve parecchio Champagne (avete notato quanti wine bar si sono ormai attrezzati con due-tre tipologie di bolle francesi e come di marchi ne girino sempre di più e di nuovi?).
Adesso quel che sta piacendo di più a me.
Resta intatta la passione per i Riesling tedeschi e per i vecchi Bordeaux, soprattutto Médoc, non c’è dubbio: I miei riferimenti enoici, nel bianco l’uno, nel rosso l’altro.
Privilegio comunque il mondo bianchista. Mi stanno piacendo sempre di più gli strani, incredibili bianchi del Jura, con quelle loro vene ossidative combinate con una freschezza che lascia a bocc’aperta. E continuano a piacermi i bianchi della Loira a base d’uve di chenin. Dovendo scegliere, tra i bianchi italiani propendo per Soave, e in classifica ce n’è uno solo, e ripetuto dall’anno passato, ché gli assaggi li ho fatti quasi tutti in questi primi giorni di luglio, e dunque saranno semmai nella top di fine anno. Tra i rossi italici, invece, quando mi capita un buon nebbiolo non disdegno certo di stappare: peccato mi capiti troppo poche volte di bere Barolo. Se bevo bollicine, mi perdonino i vigneron nostrani, ma punto sullo Champagne.
In ogni caso, quando qualcuno mi chiede quale sia il vino che preferisco, rispondo in modo elementare: quello buono. E dev’esser bontà che ha qualcosa da raccontare. Sennò che gusto c’è?
Ed ora, largo alle segnalazioni.
Arbois Savagnin Cave de la Reine Jeanne 2003 Stèphane Tissot Bianco. Uno di quei bianchi strani e complessi e difficili che fanno nel Jura. Naso stratosferico, che evolve lentamente, lungamente. Corrispondenza al gusto. Da tenere nel bicchiere e goderne l’evoluzione. Nespola, frutto surmaturo, noci, canfora, spezia. E lunghezza. E freschezza. Bevuto in maggio.
Arbois Solstice 2002 Domaine de la Tournelle Bianco. Santo cielo, un altro Arbois. L’avevo bevuto nel maggio del 2005 e m’era molto piaciuto. Ritrovandolo (ribevendolo) a gennaio 2007 il piacere è amplificato. Rustico, antico. Naso di nespola selvatica e mallo di noce. Bocca di fiore giallo macerato e mandorla. Beva scattante e lunghezza appagante. Eroico.
Barolo Marenca 2001 Luigi Pira Rosso. E già, un buon Barolo è un buon Barolo, e basterebbe questo. E insomma, se ha ragione Nico Orengo che il Barolo ha da esser connubio di viola e di liquirizia, quest’è Barolo vero. Ottenne i tre bicchieri Gambero&Slow e il giudizio è condivisibilissimo. Bel rosso, bel rosso. Elegante e avvincente. Bevuto in marzo.
Bourgogne Hautes-Côtes-de-Beaune 2004 Francois et Denis Clair Rosso. Subito magari non ti fa impressione questo Pinot Nero borgognone. Ma poi ecco che il fruttino e la viola s’impossessano del palato e vi s’insediano e t’avvincono non per muscolo ma per grazia. Allora capisci perché la guida Hachette gli ha dato il coup de coeur e le tre stelle. Ribevuto in gennaio.
Champagne Aÿ Grand Cru Fût de Chène Brut 1995 Henri Giraud Bolle. Ah, le bollicine, le buone bollicine! Tanto frutto, piccolo, di bosco & sottobosco (ribes, nespola, mela asprigna selvatica), fascinoso, perenne nel naso e nella bocca. Croissant tiepido, pane sfornato. Carbonica perfettamente integrata. Elegantissimo, aristocratico Champagne bevuto in febbraio.
Champagne Brut Rèserve Grand Cru André Beaufort Bolle. Come una brioche all’albicocca, morbida, fragrante di burro e di frutto. Così m’è parso questo Champagne. Uve allevate con metodo biologico. Cremoso e magari un po’ dolcino, old fashioned. Ma ne bevi un bicchiere e un altro e un altro. Seducente setosità. In maggio: bottiglia con sboccatura gennaio 2006.
Haut-Médoc 1996 Château Sociando-Mallet Rosso. Naso elegante, speziato & fruttato insieme. Fascinose note balsamiche. Frutta ed eucalipto. Avvincente trama tannica. Vino bevibile e tosto insieme, che t’inganno, ché pare facile ed è invece complessissimo. Cresce alla distanza, si fa sempre più fine. Ed è ancora giovanissimo. Buonissimo, buonissimo. Bevuto in maggio.
Nahe Bingerbrücker Abtei Rupertsberg Riesling Beerenauslese 1976 Schlösschen am Mäuseturm Dolce. Me ne sono accaparrato qualche bottiglia e ogni tanto n’apro: da buone a buonissime. In maggio, strepitosa. Fichi in conserva, albicocca secca, miele di castagno, vaniglia, dolcetti tedeschi speziati, timo, erbe balsamiche. Freschezza & dolcezza. Da brivido.
Nahe Oberhäuser Leistenberg Riesling Kabinett 2004 Hermann Dönnhoff Bianco. Il Riesling germanico mi piace, e quest’è bel Riesling. Con quel naso che fonde fiori e resine e vene minerali. E la beva che è assoluta gratificazione. E l’equilibrio tra freschezza e morbidezza. Bevuto in gennaio, ribevuto in giugno. Il tempo passa e la memoria resta.
Pauillac Premier Crû 1993 Chateau Mouton Rothschild Rosso. Quando si dice la finezza: almeno per come la penso io, non c’è corpo, struttura, tannino, alcol, fruttone, palestra che tenga. Ed è la finezza a fare di questo rosso un vino da applauso. Avvince per armonia ed eleganza, si distende pigramente sul frutto. Ha lunghezza, persistenza. Bevuto, con gioia, in aprile.
Poully-Fumé Mademoiselle de T 05 Chateau de Tracy Bianco. Oh, insomma, che volete: se bevo un Sauvignon ha da esser della Loira, ché là non c’è noiosa traccia vegetale, ma fiore, e tanto. E questo qui è un bel Sauvignon, sissigori, e affascina col bouquet. Ed ha fruttino bianco e piccolo e pure anche sfoggia freschezza invitante e armonia. Bevuto la bottiglia in gennaio.
Recioto della Valpolicella Classico Vigneti di Moron Domini Veneti 2000 Cantina di Negrar Dolce. Lo ricordo finalista per i tre bicchieri, questo Recioto valpolicellese, senza però ottenerli nella guida del 2003. A distanza, s’è fatto ancora più elegante, quasi austero. Avvince la dolcezza, ma intriga vieppiù la speziatura, complessa. S’aggiunge fiore essiccato. A gennaio.
Savenniéres-Coulée-de-Serrant Clos de la Coulée de Serrant 1980 Nicolas Joly Bianco. Joly sarà anche un affabulatore, e insomma avrà anche l’immagine del guru con quel suo essere leader del mondo biodinamico, ma le vecchie bottiglie della Coulée de Serrant son davvero buone. Non mostra traccia di cedimenti questo chenin dell’80. Bevuto in febbraio.
Soave Monte Fiorentine 2005 Cà Rugate Bianco. Oh, insomma, so che mi ripeto e che l’ho già inserito nella top 2006, ma continua a strapiacermi e seguito a straberlo se solo ne trovo altre bottiglie. Insisto: è frutto gioioso quello che emerge dal bicchiere. Per me, un bianco ch’é benchmark per chi voglia far vini di beva & carattere insieme. Ribevuto in aprile.
Valpolicella Classico Superiore 1999 Giuseppe Quintarelli Rosso. Il Bepi è il Bepi, e i vini che fa hanno il suo imprinting, il suo stile unico. E se te n’innamori può essere un guaio... Ma l’amore non conosce ostacoli, si dice: dunque, lasciamoci ammaliare da questo frutto nobilmente vellutato, avvolgente, potente, caldo & bevibile insieme. A maggio.
sabato 7 luglio 2007
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