Angelo Peretti
Sapori che sembravano perduti e che invece si ritrovano, quasi inaspettati. Non è mica facile viverle riscoperte del genere, di questi tempi. Perché domina l’omologazione. Prima era la rucola, adesso il petto d’oca, domani chissà che altro. Ma di tanto in tanto un lampo si riaccende. Ed è un’esperienza dei sensi che ti travolge, perché porta con sé il fascino agrodolce della nostalgia autentica, della storia vissuta per davvero. Mi è capitato qualche sera fa nella Bassa di Verona. Ad Aselogna di Cerea. Al ristorante Da Aldo. Dove m’hanno messo davanti il risotto col prete.
Il prete era proprio il prete. Nel senso che quando s’ammazzava il maiale, il cappellano del paese ti capitava puntuale in casa. Non occorreva neanche che ti chiedesse l’obolo: lo sapeva di già che la braciola, ghiottoneria negata al bacàn, gli sarebbe stata donata. E in più c’era l’invito a pranzo. D’altro canto, era un ospite di riguardo, un prestigio averlo seduto accanto. Così, capitava che si mangiasse il risotto insieme al prete del paese. Si mangiava insomma il risotto col prete. E lo si cucinava utilizzando lo stomaco del maiale. Parte di scarto, apparentemente. In realtà, gustosissima, a saperla pulire e lavare e grattare e cuocere con pazienza e pazienza e pazienza, ché è difficile da affrontare. Però il risultato era premio alla fatica. Lo è ancora, per chi accetta la tribolazione del viaggio fino ad Aselogna, uscendo prima di Legnago dalla Transpolesana e poi passando in mezzo ai capannoni che spopolano anche qui e prendendo le stradette che portano ad Aselogna.
Sia chiaro: non è piatto da dieta, né da stomaco debole. Il risotto col prete arriva in tavola giallo di brodo grasso. Come quando era la fame e bisognava placarla almeno alla festa, se ci si riusciva. Né asciutto, né minestra. All’onda, si può dire. Odoroso di cannella, ché qui è consuetudine adoperarla senza ritrosia. Fra i grani del riso, le striscioline della trippa di stomaco del porco. Il tutto cotto con un fondo di verdurine. Ogni forchettata una festa della gola. Bravo Galliano, che ha ritessuto nella sua cucina le trame del sapere alimentare. Avanti così, con coraggio.
D’accordo, mica facile, ad Aselogna. Non c’è il turista qui, non passa il forestiero. Però sono convinto che la fedeltà al territorio alla lunga ripaghi. Anzi, lancio un appello: cominciamo a ripagarla subito, ghiottoni. Avverto: il risotto col prete bisogna prenotarlo. Dò anche il telefono: 0442 35010. Aggiungo: c’è il vantaggio, non da poco, che qui, nella Bassa, i prezzi sono ancora umani. Anche sui vini, che non hanno magari carta eccelsa, ma piacevole sì, e qualche piccola perla abbastanza rara, come il Blanc de Morgex et de la Salle, valdostano, che ho bevuto io.
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