venerdì 23 dicembre 2005

Top 2005 secondo me: le migliori bottiglie bevute

Angelo Peretti
Opps! Ecco che ci sono caduto anch’io. Mi perdonino dunque i miei dodici fedeli lettori, ma dovranno stavolta sorbirsi la mia personale classifica. Il top delle bottiglie bevute nel 2005. E già, che poi è tutta colpa di Giampiero Nadali e del suo blog Aristide.biz, dov’ha lanciato l’idea: che ciascuno stili la sua graduatoria. Alla faccia delle top one hundred di Wine Spectator e di Wine Enthusiast e di wine questo e di wine quello. Provocazione rilanciata dal Ziliani Franco sul suo blog pepatissimo (è il taccuino del franco tiratore). Che volete: la sfida l’accetto a ‘sto punto anch’io. E scrivo le bottiglie che più m'hanno lasciato ricordi.
Dunque, ecco le nomination. In tripla graduatoria, giusto per semplificare, ché senno potrei finirei per stilare un elenco troppo lungo. Prima i vini rossi – cinque - di quella che chiamo la Regione del Garda, ossia il Veronese, il Bresciano, il Mantovano e il Trentino. Poi i bianchi del medesimo territorio ed in medesimo numero, ossia la cinquina. Infine il resto, ancora in cinqu'etichette in tutto.

Rossi della Regione del Garda

Amarone della Valpolicella Classico 1997 Giuseppe Quintarelli – Negrar (Verona)
Il Bepi da Negrar, grande vecchio della Valpolicella, ha colpito ancora. Il suo Amarone del ’97 è da antologia per complessità, tensione, personalità. Lui esce tardi, tardissimo co’ suoi vini, a differenza degli altri amaronisti. E tira fuori capolavori uno in fila all’altro. Nel segno della tradizione. Peccato tanta bellezza costi un mezzo mutuo...

Amarone della Valpolicella Classico 2001 Manara – San Floriano di San Pietro in Cariano (Verona)
Agli antipodi di Quintarelli in tutt’e per tutto. Nel prezzo, che è piccolino. Nella struttura, ch’è esilissima. Eppure i Manara brothers di San Floriano hanno cesellato un altro gioiellino, come già nello spettacoloso, elegante 2000. Un Amarone da berci la bottiglia e stapparne subito un altra. Una nuova strada per il vino di punta della Valpolicella.

Recioto della Valpolicella Classica 2000 Lorenzo Begali – Cengia di San Pietro in Cariano (Verona)
Non ce n’è per nessuno: il Lorenzo Begali da Cengia, volto affilato, pensiero profondo, è il re del Recioto valpolicellese. L’annata 2000 fece gridar di gioia gli appassionati del vellutato passito rosso. Alla distanza, si conferma un capolavoro d’equilibrata mistura di zuccheri, tannini e acidità. Se vi capita d’incrociarne una bottiglia residua, fatela vostra.

Nepomuceno 2001 Cantrina – Bedizzole (Brescia)
Nepomuceno, o del merlot gardesano. Brava Cristina, che ha proseguito con cocciuta passione nell’impegno d’inventare uno chateau in quei colli ondulati che non son più Garda e non ancora Chiese. Terre da scoprire. E vino corposo e ricco, eppure anche di gran beva. Fragrante di vegetale essenza. Di peperone soprattutto, intrigante.

Bardolino Poderi Oppi Pellegrini 2004 Maddalena Pellegrini – Castion di Costermano (Verona)
La prima volta ero convinto d’essermi sbagliato: impossibile, mi son detto, che ‘sto vinello ti piaccia così tanto. La seconda volta, pure. La terza mi son fatto certo. Allora eccolo in top five, a conferma che finezza ed eleganza non sempre vogliono prestanza. Undici gradi appena, profumo infinito di lampone, beva succosa e sapida e lunghissima.

Bianchi della Regione del Garda

Lugana Riserva del Lupo 2003 Cà Lojera – Rovizza di Sirmione (Brescia)
Ebbene sì, l’ho già scritto e lo ripeto: uno dei migliori Lugana mai bevuti. E a ogni riassaggio ne sono più convinto. Un fuoriclasse, con le sue intense suggestioni di clorofilla sopra una struttura imponente, una freschezza nervosa, una mineralità che racconta le argille luganiste. Darà ancora soddisfazioni per anni e anni e anni.

Lugana I Frati 2004 Cà dei Frati – Sirmione (Brescia)
Chapeau, Igino (Dal cero, of course): buono buono buono ‘sto Lugana 2004. Per freschezza, agilità, pulizia, finezza, profondità dei toni di fiore bianco, di vegetalità, di frutto. Per lunghezza dell’appagante beva. Un Lugana da bere più e più volte, come ho puntualmente fatto durante l’estate. Da aspettare, anche, nel tempo.

Soave Classico Monte Grande 2003 Prà – Monteforte d’Alpone (Verona)
Ullallà che buono che resta ‘sto Soave del 2003. La garganega qui fa cantare il bicchiere con le sue vene di frutto croccante e una mineralità che racconta delle terre vulcaniche dei colli montefortiani. Graziano Prà me n’ha fatto bere dalla magnum, e il consiglio è quanto mai giusto: grande bianco da mettere in cantina in doppia bottiglia.

Soave Classico 2004 Leonildo Pieropan – Soave (Verona)
Già già già, mica il magico Calvarino, mica la possente Rocca – che pure entrambi sono spettacolari - metto in top five fra i bianchi soavisti di maestro Nino Pieropan. No: promuovo a voti pieni e applausi e baci il base, accessibile di prezzo, mostruoso per eleganza e fragranza e bellezza: gran classe, signori, a prezzo buono.

Müller Thurgau Quaron 2004 Borgo dei Posseri – Ala (Trento)
Che volete che vi dica: a me il Müller di Borgo de’ Posseri continua a intrigarmi ogni anno, e sono tre che l’assaggio, dal 2002. L’azienda è poco nota, quasi sconosciuta. Piccoletta. In quota: montagna affacciata sulla Vallagarina. Be’: mi ricorda nello stile, ‘sto vino, l’Alsazia, con quella sua aromaticità che s’intride di note di roccia e sasso.

Vini d'altre terre

Coteaux du Layon Saint Lambert Cuvée Prestige 2000 Domaine Ogereau – Saint Lambert du Lattay (Francia)
Come tirar fuori un capolavoro da un’uva semisconosciuta. Sia chiaro: vitigno ritenuto minore fin qualch’anno fa, lo chenin blanc, ché da qualche tempo a oggi è diventato star, sull’onda, anche del culto biodinamico. Bene: questo 2000 è appagante e ricco e intenso e nobile e sinuoso e insomma peccato averne ancora una bottiglia sola.

Sauvignon Blanc Marlborough 2001 Cloudy Bay – Marlborough (Nuova Zelanda)
Devo a Leandro Luppi, patron del Vecchia Malcesine, ristorante stellato, l’aver conosciuto questa meraviglia di sauvignon. Che non ha le puzze vegetali di quegl’italici ma le fragranze di fiore bianco de’ francesi di Loira. E aggiunge minerale venatura e iodata mistura. Grandissimo bianco di quattr’anni, e ancora giovanile.

Pinot Grigio Alto Adige Valle d’Isarco 2003 Köfererhof – Varna (Bolzano)
Comprateli, i bianchi di quest’aziendina sulla curva dove finisce il muraglione dell’abbazia di Novacella, Südtirol. Se lo trovate ancora in qualche ristorante, bevete il Pinot Grigio del 2003, ch’é grandissimo. Io l’ho goduto all’Oste Scuro, Bressanone, dopo - pensate - un Pinot Nero famoso: ha vinto, stravinto il confronto. Grand’anche il Kerner.

Moulis en Médoc 1999 Chateau Poujeaux – Moulis en Médoc (Francia)
Dicano quel che vogliono, ma il bordolese è terra fantastica per i rossi: niente ecceso d’alcol, niente marmellatose consistente, niente masticazioni legnose. Finezza ed eleganza ci si trovano. E longeva grazia. Che non mancano ai rossi di questo Chateau del mio cuore, che m’ha sin qui dato varie annate di grazia a prezzi buoni.

Marcilly Premiére 1962 P. de Marcilly Frères – Beaune (Francia)
Gli uomini no: noi invecchiamo male. I vini di classe, e anche le donne, invece, col passar d’anni acquistano grazia. Anche in annate balenghe, come fu il ’62: sin qui, non avevo bevuto una bottiglia decente. Eppure, ecco, inatteso, il fremito: un pinot nero che se n’infischia dei quaranta e pass'anni. Ancora fragrante di frutto, nobile di grafite. Vero: beati i vini, certi vini (e le donne).

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